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Palermo: retroscena choc sul suicidio in carcere di Carlo Gregoli

Durante il colloquio in carcere al Pagliarelli, Carlo Gregoli avrebbe detto ai figli che sarebbe stato l’ultimo. E così è stato. Ha resistito quattro mesi in cella e poi si è suicidato l'uomo accusato del duplice omicidio di Falsomiele in cui persero la vita Vincenzo Bontà, sposato con la figlia del boss Giovanni Bontade, fratello di Stefano, e l’operaio Giuseppe Vela.

I due vennero freddati a colpi di pistola. Il legale aveva chiesto la scarcerazione sostenendo che fosse depresso, ma il perito del gip lo aveva dichiarato compatibile con la detenzione. Recentemente, a seguito di una seconda istanza di liberazione, era in osservazione in una cella e a quanto sembra era seguito da uno psichiatra.

Marito e moglie non hanno mai parlato con giudice e pm. Secondo una prima ricostruzione, il gip avrebbe imposto una stretta osservazione per evitare che Carlo Gregoli facesse gesti inconsulti, ma lui sarebbe riuscito a eludere la sorveglianza e a impiccarsi con un lenzuolo. Il decesso è avvenuto ieri e il legale di Gregoli, Aldo Caruso, è stato avvertito intorno alle 18.

"Avevamo presentato una situazione seria che riguardava le condizioni di salute di Gregoli. Soffriva di una grave depressione, ma l’istanza era stata respinta dal gip: le condizioni dell’arrestato secondo il perito erano state giudicate compatibili con la detenzione. Mi risulta che però era stata disposta una stretta sorveglianza per tutelare il detenuto, evidentemente questo non è accaduto e adesso capiremo il perché", afferma l'avvocato.

Fausto Rossi