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PAOLO BORSELLINO di Salvatore Lanno

“Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”.  (de La Repubblica 17 luglio 2006).

Paolo Borsellino sapeva delle conseguenze e dei rischi del suo lavoro, del suo operato,  nel modo e nel luogo dove lo faceva. Consapevole di trovarsi in estremo pericolo, aveva scelto di andare avanti avvertendo queste parole: “È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Credeva e sopravviveva per la sua causa, e cercava di farlo capire anche alla gente. In un discorso ai cittadini siciliani Paolo si pronunciò così: “La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non dove essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolge tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell' indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”. Nel 1963 Borsellino partecipò al concorso per entrare in magistratura; classificatosi venticinquesimo sui 171 posti messi a bando, con il voto di 57, divenne il più giovane magistrato d'Italia. Iniziò quindi il tirocinio come uditore giudiziario e lo terminò il 14 settembre 1965 quando venne assegnato al tribunale di Enna nella sezione civile. Nel 1967 fu nominato pretore a Mazara del Vallo. Nel 1969 fu pretore a Monreale, dove lavorò insieme ad Emanuele Basile, capitano dei Carabinieri. Il 21 marzo 1975 fu trasferito a Palermo ed il 14 luglio entrò nell'ufficio istruzione affari penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Nel febbraio 1980 Borsellino fece arrestare i primi sei mafiosi tra cui Giulio Di Carlo e Andrea Di Carlo legati a Leoluca Bagarella. Grazie all'indagine condotta da Basile e Borsellino sugli appalti truccati a Palermo a favore degli esponenti di Cosa Nostra si scopre il fidanzamento tra Leoluca Bagarella e Vincenza Marchese sorella di Antonino Marchese, altro importante Boss. Il 4 maggio 1980 Emanuele Basile fu assassinato e fu decisa l'assegnazione di una scorta alla famiglia Borsellino. Il 29 luglio 1983 fu ucciso Rocco Chinnici, con l'esplosione di un' autobomba, e pochi giorni dopo giunse a Palermo da Firenze Antonino Caponnetto. Il pool chiese una mobilitazione generale contro la mafia. Nel 1984 fu arrestato Vito Ciancimino, mentre Tommaso Buscetta, catturato a San Paolo del Brasile ed estradato in Italia, iniziò a collaborare con la giustizia. Borsellino chiese ed ottenne (il 19 dicembre 1986) di essere nominato Procuratore della Repubblica di Marsala. Con Falcone a Roma, Borsellino chiese il trasferimento alla Procura di Palermo e l'11 dicembre 1991 vi ritornò come Procuratore aggiunto, insieme al sostituto Antonio Ingroia. Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino si recò insieme alla sua scorta in via D'Amelio, dove viveva sua madre. Una Fiat 126 parcheggiata nei pressi dell'abitazione della madre con circa 100 kg di esplosivo a bordo detonò al passaggio del giudice, uccidendo oltre a Paolo Borsellino anche i cinque agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.  

Borsellino andò incontro alla morte con una serenità e una lucidità incredibile. 

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Staff Siciliafan