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Si parla spesso dei problemi legati ad un consumo eccessivo di zucchero e delle possibili alternative ad esso: tra di queste, il fruttosio è una delle più gettonate, ma qual è la differenza con lo zucchero che di solito consumiamo? Sul sito della Fondazione Veronesi, Ilenia Grandone ha fatto il punto della situazione.

Anzitutto, si parte da un'utile considerazione che riguarda il termine "zucchero", che si reputa sinonimo di "zucchero bianco". In realtà, gli zuccheri in generale sono i carboidrati, cioè composti di carbonio, idrogeno e ossigeno che possono assumere lunghezza, forma e proprietà diverse. Esistono zuccheri semplici, come glucosio, saccarosio e fruttosio, e zuccheri complessi, come l'amido di patate e il riso.

In questo caso si parla di zuccheri semplici. Lo zucchero bianco si chiama "chimicamente" saccarosio ed è un disaccaride, cioè un composto formato da una molecola di glucosio e una di fruttosio.  Nell'alimentazione è importante assumere tutti i tipi di zuccheri, facendo attenzione a non eccedere: secondo l'OMS, gli zuccheri non devono superare il 10% dell'apporto calorico totale.

Si può quindi sostituire il saccarosio con il fruttosio? "Lo abbiamo consigliato per anni", si legge sul sito della Fondazione Veronesi, perché il fruttosio ha un indice glicemico più basso. Il fruttosio non si trova unicamente nella frutta ed è possibile sintetizzarlo chimicamente, ma si consiglia di consumare direttamente la frutta, piuttosto che aggiungere il fruttosio. Dato che, però  il fruttosio viene metabolizzato soprattutto nel fegato, questo può essere un problema per i pazienti diabetici, quindi bisogna valutare bene i singoli casi (e rivolgersi sempre al proprio medico).

Ultimamente sono state scoperte o riscoperte anche sostanze di origine naturale, come la Stevia, pianta le cui foglie contengono alcune molecole dal grande potere dolcificante, con un basso contenuto calorico. Si tratta, comunque di molecole "chimiche", da considerare come additivi, quindi è stata necessaria l'approvazione dell'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare. In generale, è meglio limitare l'utilizzo dei dolcificanti, soprattutto al di sotto dei 3 anni e in gravidanza.