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01Purtroppo ha fatto in tempo ad assistere al supremo schiaffo alla laicità e all’intelligenza, lo scempio perpetrato dagli jihadisti sul museo di Ninive; lo aveva già detto: “È sorprendente come un tempo il monachesimo ed oggi tutt’intero l’Islam siano impregnati di teologia mentre il mondo naviga su navi spaziali frutto di intelligenza umana.”

“Io non ho mai scritto la parola morte”, ebbe a dire qualche anno fa in un’intervista. Neanche quando questo destino toccò alla moglie, amatissima compagna di tutte le avventure, Vira Fabra, autrice di saggi d’arte, estetica e filosofia, la cui memoria egli coltivò fino alla fine. Ma è una parola, quella, che non aspetta che tu la scriva… E così si è spento ieri nella sua bella casa con le pareti affrescate da Salamone e Zito, le porte e le sculture in legno di Sucato, a Palermo, dov’era nato nel 1932, Ignazio Apolloni, amico generoso, ingegno acuto e ironico, avvocato, raffinato scrittore poliedrico e prolifico, inesausto sperimentatore. Vivace indagatore di tutti gli ambiti artistici, dalla narrativa alla poesia, alla saggistica alla critica d’arte, fu anche un grande organizzatore culturale, perché desiderava fare uscire la Sicilia dal guado del provincialismo, lui che aveva vissuto lungamente a Torino, Roma, New York, Los Angeles.

Memore dei fatti di Berkeley nel ’63, ritornato a Palermo nel 1965, si iscrisse al Partito Socialista, da qui l’esigenza di una scrittura messa a servizio dell’impegno politico. Una tradizione di famiglia: il padre, mangiapreti, antifascista, dopo uno sciopero organizzato dagli operai  ai Cantieri Navali di Palermo, nel 1917, e represso con la forza, diventò sindacalista.

Attratto da tutti gli sperimentalismi, fondò, assieme ad altri arrabbiati, il movimento politico-letterario denominato ANTIGRUPPO che nacque nel 1968, sulla nave da Palermo ad Ustica. E a Ustica Apolloni, allora presidente dell’ARCI di Palermo, con Crescenzio Cane, Pietro Terminelli e Nat Scammacca tennero il primo recital delle loro poesie, scritte sui muri delle case dei pescatori. Nato allo scopo di contrapporsi al Gruppo ’63 – neoavanguardia accusata di essere snob e antiproletaria – vide tra le sue fila anche Carmelo Perriera, Rolando Certa, Gianni Decidue, Ignazio Navarra, Santo Calì.

Esauritasi questa fase, Apolloni insegue la poesia visiva, che in seguito supera a favore della singlossia – teorica la semiologa Rossana Apicella – che incrocia linguaggio idosemantico o visivo e linguaggio fonosemantico o verbale, approdando a opere poetiche la cui cifra è la componente ludico-linguistica, raggruppate nel 1997 nel volume “Singlossie”.

Sul piano narrativo, l'attività di Apolloni è intensa e frenetica. I suoi libri occupano quasi uno scaffale intero della mia biblioteca, ognuno con una dedica affettuosa e ironica insieme! Le sue opere sono segno di una cultura internazionale, dell’amore per l’immaginazione e il favolistico, con uso di registri narrativi che si mescolano dando luogo a volte ad esiti esilaranti – da Pulci e Peter Sellers, a Cervantes e Conan Doyle – sconfinamento dai generi, pasticci verbali, deformazione fantastica, esercizio della lingua come gioco e invenzione per superare l’insufficienza delle parole- gabbia della lingua stessa. Ricordiamo fra i tanti libri usciti per lo più per case editrici siciliane di qualità, come Novecento, Coppola e soprattutto le Edizioni Arianna di Geraci Siculo: Favole per adulti; Racconti patafisici e pantagruelici; L’amour ne passe pas; Storia dell’uovo d’oro; Racconti cinematici e cinematografici; Racconti surreali, Detective stories (Edizioni Arianna 2014). Su tutta la sua opera narrativa Stefano Lanuzza ha composto la monografia “Dall’Isola Universale. Scrittura e voce di Ignazio Apolloni”, uscita anch’essa per i tipi di Arianna edizioni.

Ci lascia, insomma, uno degli ultimi intellettuali a tutto tondo, uno degli ultimi rappresentanti di un’Italia laica, e ci pare di sentirlo mentre ci lancia da lassù l’ultimo dei suoi sguardi obliqui e irridenti e uno dei suoi celebri aforismi: “L’uomo-massa cerca soltanto la soddisfazione dei propri bisogni. L’intellettuale si affanna a trovare gli altri.” Per aggiungere subito dopo: “L’umanità è fatta di intelligenza e di zavorra. Spesso la prima è fatta di arroganza e sufficienza e perciò zavorra anch’essa”.

                                                                                                                                                              Marinella Fiume