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Sacchetti a pagamento: chi mette l’etichetta sul prodotto paga in realtà di più

Sacchetti a pagamento, non si placano le polemiche. Come è ormai ben noto, dal 1 gennaio è entrata in vigore la conversione del decreto Mezzogiorno 123, secondo cui per confezionare i prodotti nei supermercati devono essere usati sacchetti ultraleggeri in sostituzione di quelli di plastica che si usavano prima. Lo scopo è ridurre l'utilizzo delle buste di plastica.

La nuova legge vieta di mettere questi sacchetti a disposizione a titolo gratuito e il loro prezzo deve essere esposto e indicato. Gli esercenti che non utilizzano i sacchetti idonei possono incorrere in multe fino a 25mila euro. Di fatto, comunque, anche i "vecchi" sacchetti erano in realtà pagati dai clienti: nei prezzi dei prodotti che si acquistano sono già contenuti, spalmati, i costi di gestione che devono sostenere i supermercati.

Sacchetti a pagamento: il trucchetto è una sciocchezza

Qualcuno ha pensato di arginare il problema applicando l'etichetta con il peso e il prezzo direttamente su frutta e verdura, ma in realtà in questo modo si paga di più. Per comodità e semplicità, infatti, il costo del sacchetto viene addebitato al cliente direttamente alla cassa, tramite la lettura del codice a barre sull'adesivo con il prezzo. In altre parole, la busta viene contata ogni qual volta si passa un codice a barre per alimenti sfusi sul lettore in cassa.

E quindi, così facendo, il cliente che crede di sabotare la legge avrà pagato una busta per ogni alimento, evidentemente andandoci a perdere (senza usufruire del sacchetto bio).

Redazione