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Ero una ragazzina e tutti i giorni la mia strada si incrociava con la sua. Ma io, come tutti gli altri, a piedi o in auto, dovevo cedergli il passo. Lui aveva la precedenza su tutti: in un istante il respiro affannoso della città si mozzava al levarsi di quelle palette che sembravano rette solo da giubbotti antiproiettile, quasi che dentro quei giubbotti non vi fosse nessuno. Il concitato incrocio di Via Notarbartolo rimaneva sospeso per un lunghissimo attimo. Il respiro si fermava, l'atmosfera si bloccava. Ritornava ad alitare solo quando d'improvviso si sentiva sgommare una macchina, poi un'altra e un'altra ancora: come sguscianti dal nulla. Nel frattempo un uomo era uscito a passo svelto, ma paradossalmente senza fretta. Il suo viso senza particolari espressioni non denunciava mai nulla: men che meno la paura. Adesso altri giubbotti antiproiettile si levavano a fargli scudo, stavolta brandendo armi, non palette. E via di corsa, una sgommata e le macchine sfrecciavano via, una davanti, l'altra dietro la sua: e pur nella drammaticità di quegli ormai consueti, quotidiani momenti, un sorriso mi inarcava le labbra al pensiero di quella sua auto stretta fra le altre due, che lo chiudevano fra sè facendomi pensare a lui come al ripieno di un panino imbottito. Tutte le mattine la mia strada si incrociava con la sua, ma io dovevo cedergli il passo. Andava svelto, Giovanni, al suo appuntamento con la morte. La mia normalità, la normalità di un'intera città, contro la sua straordinarietà. Poi diventai una donna e, mentre portavo in grembo la mia prima figlia, appresi dal telegiornale la terribile notizia. Il mio respiro si fermò, l'atmosfera si bloccò. Un flashback e tornai lì, a quell'incrocio di Via Notarbartolo. E il cuore mi si spezzò a pensare a quante volte gli avevo ceduto il passo. A quante volte avevo fatto strada a quell'uomo che andava ritto e fiero incontro alla morte: a passo svelto, ma paradossalmente senza fretta. Per difendere un ideale, una città, una terra che era la sua. Per difendere la sua Siclia dagli artigli di un mostro cui teneva testa. Per difendere anche me.