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Una nuova scoperta riporta alla luce ambienti di lusso e benessere nella villa romana di Durrueli, a Realmonte, vicino alla Scala dei Turchi.

Il vento solleva l’odore del mirto e del sale, accarezza le dune e risveglia antiche presenze. Sotto la sabbia rossa della costa agrigentina, tornano a emergere i resti di una villa romana affacciata sul mare: ambienti di lusso, architetture sofisticate, e ora anche nuove terme, celate per secoli nel silenzio.

Siamo a Realmonte, ad Agrigento, sulla costa meridionale della Sicilia, a pochi chilometri dalla Scala dei Turchi, dove l’azzurro del Mediterraneo incontra la roccia bianca. Qui, tra terrazzamenti coltivati e il profilo del mare, un ritrovamento sorprendente ha riacceso l’attenzione degli archeologi: un secondo impianto termale, finora sconosciuto, è riemerso all’interno del complesso della Villa romand di Durrueli.

Una scoperta che cambia il volto di un sito già noto per la sua importanza, ma che ora sembra raccontare una storia ancora più grande: quella di un aristocratico potentissimo e di un quartiere di lusso romano scomparso tra le sabbie del tempo.

Un palazzo sul mare pensato per il lusso

La villa romana di Durrueli si affaccia sul mare. Non è un caso. Sorge a poca distanza da una spiaggia ampia e luminosa, con un approdo naturale: un indizio prezioso per capire la sua funzione. Non solo residenza estiva, ma villa marittima, connessa alle attività economiche e marittime dell’epoca. Un luogo dove il proprietario, presumibilmente un aristocratico romano, poteva godere della vista sul Mediterraneo e, al tempo stesso, gestire traffici commerciali o agricoli.

La struttura appare concepita per il piacere e la rappresentanza. Gli spazi, i materiali e le tecnologie impiegate rivelano una cura maniacale del dettaglio, un’economia domestica capace di sostenere impianti complessi e personale specializzato. Non si tratta di una semplice villa rurale, ma di un centro strategico, simbolo del potere e della ricchezza di chi la possedeva.

Una nuova scoperta

Il nuovo impianto termale, riportato alla luce dal team del Parco Archeologico della Valle dei Templi, in collaborazione con l’Università di Catania e il CNR, aggiunge un tassello fondamentale al mosaico. Fino a oggi era noto un solo settore termale; ora se ne scopre un secondo, più sofisticato e articolato.

La nuova area comprende l’Ipocausto, il sistema di riscaldamento a pavimento con pilae (colonnine in laterizio), il Tepidarium, dove il calore era più mite, il Caldarium, con temperatura elevata e vapore intenso e un ambiente laterale più appartato, forse invernale o riservato a ospiti illustri.

Tutti gli ambienti sono dotati di tubuli in ceramica per la circolazione del calore, e nei vani sono stati ritrovati residui di essenze vegetali come mirto e ginepro, usati per rendere l’esperienza termale più aromatica e sensoriale.

La presenza di due “spa” nella stessa villa è un caso raro nell’architettura romana: testimonia un livello di benessere fuori dal comune, e apre interrogativi sull’identità di chi poteva permettersi un tale lusso.

Chi era il proprietario della villa?

La domanda resta aperta. Le evidenze storiche e archeologiche suggeriscono una attribuzione alla gens Annea, potente famiglia aristocratica romana presente in Sicilia tra il II e il IV secolo d.C. Il nome “Villa di Publio Annio” è una convenzione, non confermata da iscrizioni dirette, ma fondata sul contesto storico e sui documenti epigrafici che parlano di proprietà della famiglia nella regione.

La gens Annia, di origine italica, possedeva vasti latifondi in Sicilia e residenze di prestigio. Alcuni membri ricoprivano ruoli pubblici importanti, con responsabilità amministrative nelle città dell’isola. Chiunque fosse il proprietario della villa di Durrueli, si trattava certamente di una figura in grado di controllare risorse, persone e territori.

Un laboratorio di benessere e potere

La villa non era solo un luogo di svago, ma anche un centro produttivo e strategico. I reperti precedenti, come mosaici policromi, stucchi, tegole timbrate, lucerne e strumenti agricoli, confermano l’esistenza di un’attività agricola strutturata. Non mancavano animali da allevamento, né prodotti da trasformare o commerciare.

Le tracce vegetali rinvenute nei vani termali parlano di un’attenzione alla cura del corpo oggi quasi sorprendente. Gli ambienti sembrano progettati come una macchina del benessere, dove tutto – dal calore all’acqua, fino ai profumi – era orchestrato per offrire un’esperienza di piacere e rigenerazione.

La presenza di calcare compatto nei canali di scolo attesta l’uso costante di acqua ricca di minerali, elemento che potenziava i benefici delle terme e richiedeva manutenzione continua. Nulla era lasciato al caso.

Una villa ritrovata, ma ancora misteriosa

La Villa di Durrueli emerge oggi come una delle più significative residenze costiere della Sicilia romana. Le nuove scoperte ne arricchiscono il profilo, ma non ne risolvono il mistero. Chi la costruì davvero? E perché in questo punto preciso della costa?

Secondo gli studiosi, il complesso era un vero e proprio manifesto del potere aristocratico romano: lussuoso, strategico, autosufficiente. La combinazione tra estetica e funzionalità, benessere e agricoltura, delinea un’architettura pensata per affermare uno status sociale.

Come sottolineato dagli archeologi Alessio Toscano Raffa, Daniele Malfitana, Antonino Mazzaglia, Stefania Pafumi e Maria Serena Rizzo, la villa è oggi una fonte preziosa per capire la società romana in Sicilia, i suoi meccanismi di rappresentanza e il legame profondo con il paesaggio mediterraneo.

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