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01Antonello da Messina fu un pittore italiano, nato appunto a Messina tra il 1429 e il 1430. Viene considerato il massimo esponente della pittura siciliana del XV secolo, e apripista per quella rinascimentale veneta.

Si pensa che Antonello svolse il suo primo apprendistato, probabilmente tra le città di Messina e Palermo, anche se recenti studi dimostrano la presenza quasi certa del pittore ad Alcamo, in provincia di Trapani; pare infatti che, all'età di 15 anni, Antonello fu garzone del maestro conciatore di pelli Guglielmo Adragna d'Alcamo: il contratto stipulato presso il notaio Ruggero Galanduccio porta la data del 2 settembre 1438. Inoltre, sempre attraverso un documento notarile datato 6 maggio 1938, si parla dell'esecuzione di un dipinto, in una Chiesa di Mazara, da parte di un certo Antonello da Messina, in qualità di pittore.

Intorno al 1450, Antonello da Messina si recò a Napoli, dove, secondo la testimonianza di Pietro Summonte, iniziò la sua carriera di pittore come apprendista nella bottega di Colantonio. Qui venne in contatto con la pittura fiamminga, spagnola e provenzale, esempi tangibili della presenza di artisti stranieri tra le mura della corte angioina prima e di quella aragonese poi. All'Antonello di questo periodo vengono attribuite dieci tavolette con Beati francescani, realizzate per la pala dipinta dal maestro napoletano di Antonello, per la chiesa di San Lorenzo Maggiore.
La cosiddetta “Crocifissione di Sibiu”, del 1460 circa, è conservata al Muzeul de Artà di Bucarest, e inaugura uno dei temi base della produzione antonelliana: quella del martirio di Cristo. La parte superiore del dipinto è ispirata, iconograficamente, ai Calvari fiamminghi, mentre nella parte superiore, la disposizione ortogonale di Cristo e dei ladroni dimostra un'attenta conoscenza delle volumetria spaziale, secondo quelli che erano i canoni della pittura italiana. Risale invece al 1475, la “Crocifissione di Anversa”, conservata presso il Musée Royal de Beaux-Arts della città.

Le prime commissioni appartengono proprio a quello stesso anno: nel 1457, gli viene richiesto di eseguire il gonfalone della confraternita di San Michele dei Gerbini a Reggio Calabria, un’opera perduta, imitante quella eseguita per la confraternita messinese di San Michele.
Al 1460 circa, viene fatta risalire l'esecuzione della cosiddetta “Madonna Salting”, in cui l'iconografia e lo stile fiammingo si uniscono a una maggior attenzione alla costruzione volumetrica delle figure, mediata forse dall'opera di Enguerrand Quarton. Dopo il 1460, si collocano le due tavolette di Reggio Calabria, con Abramo servito dagli angeli e San Girolamo penitente, conservate presso la Pinacoteca civica.
Nel 1461, Antonello dipinse per il nobile messinese Giovanni Mirulla, una perduta Madonna col Bambino.

Tra il 1465 e il 1470 circa, Antonello realizzò il “Ritratto d'uomo di Cefalù”, oggi esposto al Museo Mandralisca. Nei ritratti, a differenza degli italiani che utilizzavano la posa medaglistica di profilo, il pittore messinese adottò la posizione di tre quarti, tipicamente fiamminga, che permetteva una più precisa e raffinata analisi fisica e psicologica del personaggio raffigurato. Lo schema compositivo di questo primo ritratto, verrà poi infatti ripreso e riutilizzato dal Messina, per quelli successivi, che contribuirono a costituirne ‘la firma’: il personaggio è sempre inserito in uno sfondo scuro, con il busto raffigurato solo appena sotto le spalle, la testa girata verso destra ha però gli occhi rivolti direttamente verso lo spettatore; la luce illumina il lato destro del volto, mentre il lato sinistro è in ombra. Nei ritratti successivi, Antonello aggiunse uno zoccolo di marmo con un cartiglio che reca firma e data, altro tipico elemento fiammingo.

Negli anni successivi, l’artista risalì l'Italia, toccando Roma, la Toscana e le Marche, venendo sicuramente a contatto con le opere di Piero della Francesca. Nel 1474 circa, Antonello si recò a Venezia, dove venne così a conoscenza della pittura del Bellini. Il “Salvator mundi” è la sua prima opera firmata e datata; evidente è la ripresa dell'iconografia fiamminga, soprattutto del Petrus Christus. Successivamente, Antonello rielaborò la composizione, abbassando la piega dello scollo della veste del Cristo e spostando in avanti la mano benedicente, in modo da accentuare le valenze spaziali della composizione. Tornato in Sicilia, Antonello realizzò il “Polittico di San Gregorio”, dipinto a tempera grassa conservato al Museo Regionale di Messina, che presenta le figure della Madonna del Rosario in trono, affiancata a sinistra da San Gregorio Magno e a destra da San Benedetto; nel registro superiore si vedono un Angelo annunciante e la Vergine; perduto è il pannello centrale, che forse raffigurava un Cristo in Pietà o una Deposizione.

Del 1473 è l'”Ecce Homo” del Collegio Alberoni di Piacenza, firmato e datato. Risale invece al 1474 l'”Annunciazione”, contenuta presso il Museo Bellomo di Siracusa, dove lo spazio è unificato dalla prospettiva. “San Girolamo nello studio”, conservato alla National Gallery di Londra, è dell’anno successivo. La scena, inquadrata in un arco di trionfo, è costruita in modo che i raggi luminosi coincidano con quelli prospettici, avendo come centro il busto e le mani del Santo, colto in atto di studio. Dello stesso anno sono: “La Crocifissione” e il “Ritratto d'uomo” della National Gallery di Londra; la “Pietà” del Museo Correr, il “Ritratto d'uomo”, detto il Condottiero del Louvre, e il “Ritratto d'uomo” sito presso Galleria Borghese.

Tra il 1475 e il 1476 eseguì la “Pala di San Cassiano”, conservata a Vienna. Di questa opera rimangono la Vergine, sul trono rialzato, e quattro Santi a mezzo busto. Il pittore si rifece allo schema compositivo della Sacra Conversazione del Giovanni Bellini, andata perduta, e realizzata per la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo.
Del 1476 circa fu il “San Sebastiano di Dresda”, parte centrale di un Trittico (smembrato) di San Giuliano; qui l'influenza di Piero della Francesca è evidente nella disposizione matematica degli elementi e nel pavimento scorciato in prospettiva; ma la sua inventiva, portò Antonello a rappresentare la scena in un innovativo paesaggio contemporaneo, popolato di figure minuscole.

Al suo ritorno in Sicilia, si deve l'”Annunciata” di Palermo, forse uno dei suoi dipinti più celebri; Maria, assorta nella lettura, è colta nell'attimo in cui l'angelo se n'è appena andato (oppure nel momento dell'interrogazione). L'opera rappresenta uno dei traguardi fondamentali della pittura rinascimentale italiana, per via dell'assolutezza formale, dello sguardo magnetico della Vergine e la mano sospesa che dà movimento e spazialità alla composizione. L’opera è custodita presso Palazzo Abatellis.
Dello stesso anno è il “Ritratto d'uomo”, detto “Ritratto Trivulzio”, conservato presso il Museo Civico d'Arte Antica di Torino; si dice che il quadro impressionò talmente tanto Galeazzo Maria Sforza, da portarlo ad inviare più volte il pittore nella capitale lombarda, ma senza successo.
Tra il 1476 e il 1478, Antonello dipinse la “Pietà” del Museo del Prado. In un paesaggio con teschi e tronchi secchi, simboli di morte, e in un secondo piano tra il verde della natura lussureggiante, simbolo di Resurrezione, sorge l'iconografia del Cristo morto, sorretto dall'angelo, opera di ispirazione nordica, già presente nelle opere di Carlo Crivelli. Il volto del Cristo è stato probabilmente ripreso dalla piccola tavoletta antonelliana del “Cristo alla colonna”, datata 1476 circa, oggi visibile al Museo del Louvre.

Antonello morì a Messina nel 1479. Nel suo testamento chiese di essere sepolto in un saio; la sua tomba è custodita a Messina, nella chiesa di Santa Maria di Gesù Superiore.
Antonello fu uno dei primi artisti italiani ad usare la tecnica a olio, che permetteva di stendere il colore in successive velature trasparenti, che davano al quadro una precisione, una morbidezza del tratto e una luminosità, non ottenibili con la tempera.

Autore | Enrica Bartalotta