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Vi ricordate la notizia di pochi giorni fa a proposito delle vecchie lire? Bene, il cambio dei soldi non più in circolazione legale potrebbe essere fatto, secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale. Ma il "ma" – scusando il gioco di parole – lo Stato lo trova sempre pur di non infliggere una pugnalata ai boccheggianti conti pubblici.

La sentenza dà il la a una finestre di tre mesi per convertire in euro le vecchie lire. Si calcola che in questo modo lo Stato dovrà tirar fuori qualcosa come 1,3 miliardi di euro. A questo punto, bisognerebbe recarsi a uno sportello della Banca d'Italia per risolvere il problema… e invece no: il perché lo spiega nel dettaglio "Il Fatto Quotidiano" in questo articolo, nel quale si legge:

Bankitalia che ha smentito questa possibilità, spiegando in un comunicato che “sono in corso approfondimenti per definire le modalità con le quali eseguire la sentenza”. Al momento, quindi, “eventuali richieste di conversione non possono essere accolte”. Come è possibile, quindi, che di circa 300 milioni di banconote ancora in circolazione (secondo gli ultimi dati forniti a fine agosto 2012 dalla Banca d’Italia) non si sappia ancora come e dove cambiarle anche se per il massimo organo di garanzia costituzionale andrebbe fatto subito?

La sentenza della Corte Costituzionale non fornisce una soluzione, ma si limita a cancellare la norma. E al momento tutte le opzioni sono aperte: dalla riapertura di una finestra, alla limitazione del cambio solo per coloro che possano dimostrare di aver cercato di cambiare i titoli durante il periodo in cui questo era ancora consentito dalle norme iniziali.

La risposta si trova, quindi, in un mix di problematiche che vanno dalla solita lungaggine burocratica all’impatto sui conti pubblici con la mancanza di soldi cash per finanziare questa restituzione. (…)

C’è, infine, un altro punto da chiarire: quando far partire i tre mesi messi a disposizione dalla Consulta per presentarsi agli sportelli bancari per cambiare le lire? Se venisse confermato che il countdown parte dal giorno di pubblicazione della sentenza, giovedì 5 novembre 2015, le possibilità dello Stato di tenersi il tesoretto aumenterebbero a dismisura.