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“L’ura sta arrivannu lu nannu sta murennu priparamuci u tabbutu a stu pezzu di curnutu”! –

     Questa è una delle frasi che il popolo anticamente cantilenava seguendo u nannu che, sotto forma di pupazzo e penzolante da una canna, veniva portato in corteo per le vie del paese prima di finire al rogo a conclusione delle feste carnascialesche. Siamo intorno alla metà dell’ottocento quando, si racconta, abbiano avuto inizio a Termini Imerese i primi pubblici ed organizzati festeggiamenti del carnevale. Ma il rogo del nannu era preceduto dalla lettura del testamento attraverso il quale il “malcapitato” prima di tirar le cuoia  ne cantava quattro al potere costituito.

      Il testamento con i suoi satirici versi si prendeva gioco di tutto e di tutti sbeffeggiando ricchi e potenti ed evidenziando le storture della società dell’epoca. Ma quella di satiriche letture testamentarie in ambito carnascialesco è sicuramente una tradizione ben più antica; si hanno notizie infatti dei cosiddetti Testamentum asini e Testamentum porcelli che risalgono addirittura ai tempi della Roma tardo imperiale e medievale.  Nel carnevale di Termini Imerese  quella del Tistamentu du nannu,che in passato costituiva l’apice della festa, è una tradizione che intorno agli anni ottanta ha rischiato quasi di scomparire soppiantata da altre spettacolari attrattive.  Ma, quasi a furor di popolo, è fortunatamente ritornata  ad essere uno dei piatti forti della manifestazione, indispensabile punto di collegamento con il suo passato.  Alla figura del nannu e della nanna, quasi a voler rendere ancor più “solenne” il momento, da anni si aggiunge ormai stabilmente quella del notaro Menzapinna, vero alter ego del nannu  stesso, che i bravissimi maestri cartapestai termitani hanno addirittura trasformato in una maschera con le sembianze del suo stesso autore ovvero Nando Cimino. Il testamento è una vera e propria satira di costume, scritto annualmente prendendo spunto da fatti ed accadimenti  che si verificano in città e non solo.  Grazie ai versi dialettali di facile comprensione e dal ritmo quasi musicale delle rime esso viene apprezzato dal pubblico di ogni età che ne comprende facilmente lo spirito esaltato anche dalla opportuna mimica del nannu.  E' un evento nell'evento brillantemente curato da Viviana Raja responsabile del cerimoniale delle maschere, che ci riporta ad una Sicilia popolare che nel carnevale ancora pochi conservano. E’ sicuramente uno spettacolo da non perdere, uno spettacolo al quale vale la pena  assistere e che come ogni anno andrà in scena in piazza Duomo, dopo le sfilate dei carri allegorici,  alle ore 19,30 di martedì 4 marzo. 

                                                              

 

 

LA MORTI DI LU NANNU

 

La chiazza era china, parrava lu nutaru

e i lassiti du nannu tutti l’ascutaru;

nn’appiru li ricchi, li poviri e i putenti

nn’appiru li bboni e puru a mala ggenti.

 

Ora a la scurata s’ascuta cu mistizia

lu repitu, i lamenti e u cuntu da giustizia.

A morti u cunnanaru! Poviru ddu nannu,

ca mancu fici ‘ntempu d’accuminciari l’annu.

 

Puru Menzapinna* si fici na risata

ddoppu ca a lu vecchiu ci detti na vasata;

Ggiùra puru iddu, a lu populu vinnutu,

ca a ddu poviru nannuzzu pripara lu tabbutu.

 

 Lu focu ormai l’aspetta,  ma iddu nun si penti

di lu divirtimentu ca detti a la sò ggenti.

Ggenti senza cori ca mai havi cuscenza

di diri almenu ggrazzii pi la ricanuscenza.