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carrettoEsiste qualcosa di più caratteristico e rappresentativo del carretto siciliano?

Esso era un mezzo popolare a trazione equina utilizzato per il transito delle merci.
Era il principale strumento di lavoro per i nostri nonni contadini. Dal XIX secolo fino alla seconda metà del XX secolo nulla era più desiderato dai siciliani. Poi, con la motorizzazione e l'avvento delle televisioni, si sa come è finita: tutto il mondo è paese.
 

Il carretto siciliano era (ma ancora qualche artigiano che li realizza lo si trova) costruito usando legni di diversa qualità. Spesso inoltre lo si fregiava con intagli bucolici e lo si decorava con colori sgargianti e rappresentazioni folcloristiche. Oggi giorno più che un mezzo di trasporto è un oggetto d'arte simbolo e metafora dell'allegro e sincero popolo siciliano, che sorride difronte ad una nuova giornata di duro lavoro.


E' possibile scomporre il carretto in:

fonnu di càscia >> pianale di carico prolungato anteriormente e posteriormente da due tavoloni in legno;

masciddàri >> sponde fisse del carretto;

puttèddu >> portello posteriore removibile per agevolare le operazioni di carico e scarico.

 

Proprio sulle sponde fisse del carretto vengono dipinte scene bucoliche.
Ad essere più precisi le pitture vanno sugli scacchi, riquadri che suddividono equamente i “masciddari” del carretto. Diversa è la gestione degli spazi del portello posteriore. Lì uno scacco centrale occupa uno spazio maggiore rispetto agli altri due che lo affiancano, uno a destra e l'altro a sinistra.

Come potete vedere in foto, gli scacchi sono separati da un segmento verticale che unisce i “pannelli al fonnu di cascia”. 6 sono in legno e li si chiama barruni. 2, invece, sono in metallo e li si chiama centuni. Quest'ultimi sono presenti solo sui masciddari.

A tutto questo va aggiunto il gruppo portante: il traino.
Esso è composto da due aste e dalla cascia di fusu. Questa è a sua volta realizzata con una sezione di legno intagliata e sormontata da un arabesco di metallo.
Tuttavia nei carretti meno pregiati la preziosa cascia di fusu era sostituita dalle balestre.

Le chiavi completano l'opera. Sono di parti in legno montate sotto i “tavulazzi” e tra le aste.
La prima è una semplice barra curva. L'altra, invece, è spesso decorata con rappresentazioni tipiche della tradizione cavalleresca.
 

Fra le aste e sotto i tavulazzi vengono montate due parti in legno chiamate chiavi, una anteriore ed una posteriore. La prima altro non è che una semplice barra ricurva, la seconda invece consiste in un bassorilievo intagliato rappresentante una scena, solitamente cavalleresca, che può assumere diversi gradi di pregevolezza.

 

In quante varietà è prodotto il carretto?

Ogni paesello, ogni zona, aggiunge al carretto siciliano dei dettagli tipici della propria tradizione.

 

A Palermo, ad esempio, le sponde sono trapezoidali e decorate con una tinta di fondo gialla e delle decorazioni tipicamente geometriche. I temi maggiormente descritti sono quello cavalleresco e quello religioso, accesi da colori sgargianti: rosso, verde, giallo e blu. La prospettiva è essenzialmente bidimensionale. L'aspetto è nel suo complesso molto naif.
 

Nella provincia di Catania, invece, le sponde sono rettangolari e la tinta di fondo non poteva essere che rossa. Rossa come il sangue, rossa come la lava dell'Etna. Diciamo che i nostri fratelli catanesi sono degli artisti più raffinati. Le decorazioni dei loro carretti sono più ricercate, i dettagli sono meglio definiti e la prospettiva è addirittura tridimensionale. Anche l'uso del colore è più complesso con chiaroscuri e sfumature alle volte molto pronunciati.
 

Si tramanda anche uno stile meno conosciuto. E' lo stile Vittoria, che si avvicina molto al carretto siciliano catanese ad eccezione della scelta di tonalità più scure e dalle pennellate inferte a carattere istintivo.

 

Autore | Viola Dante; Immagine | Franco Di Caro