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Foto di Alfio CurrentiAgira è un comune della provincia di Enna; noto per le sue gustose cassatelle, si trova a pochi chilometri dal Lago Pozzillo. Leggenda narra che fu fondato prima della Guerra di Troia, che portò alla fondazione delle prime città sicule.

Il comune di Agira sorge a 650 metri sul livello del mare: il suo abitato occupa infatti sia le pendici che la sommità del monte Teja.
Nota sin dall’Antichità sia a Cicerone che a Tolomeo, Agira fu anche la città natale del Diodoro Siculo, storico siceliota del I secolo a.C., la sua fondazione sembra infatti risalire al IV secolo a.C.; era conosciuta con il nome di Agyrion dai Greci, ma prima ancora era stata una città sicula. Fiorente per i Romani, che la denominavano Agyrium, in realtà Agira era conosciuta in tempi ancora più remoti: molti infatti i reperti preistorici che sembrino far pensare che il territorio fosse abitato da nomadi di origine afro-asiatica.

Ad Agira, anche testimonianze del Paleolitico, Neolitico e dell’Età del Bronzo; molte furono le grotte e le cavità in cui rimangono ancora visibili le tracce dell’antico popolo dei Sicani, che si presume possano essere anche stati i reali fondatori della città. Il toponimo di ‘Agira’, potrebbe infatti derivare dal nome di uno dei capi Sicani, Agiride. Si sospetta che fosse uno dei più importanti centri della Sicilia di allora, prima ancora dunque della nascita di Akragas e Syrakousai, ma una volta arrivati i Siculi, nel IX secolo a.C., i Sicani furono costretti a indietreggiare lasciando dunque il territorio al nuovo popolo, da cui poi l’Isola prese il nome con cui la conosciamo oggi.

Sulla strada di Agira, oltre alle numerose chiese, anche il castello a pianta rettangolare, posto a 820 metri sul livello del mare, che è stato dedicato a San Filippo di Argirò.
Al Santo Patrono venne intitolato anche un monastero greco. L’abbazia di San Filippo, edificata nel IX secolo sulle rovine del cenobio costruito secondo la Regola Basiliana, ovvero fuori dalle mura della città, è stato punto di riferimento di molti monaci siciliani del tempo. Nel Medioevo, venne restaurato per intervento diretto del Gran Conte Ruggero I d’Altavilla e divenne presidio del benedettini, assumendo anche il nome di Santa Maria Latina, per identificare il suo ruolo di cenobio suffraganeo della prima istituzione di rito latino a Gerusalemme.

Nel Seicento, l’abazia (declassificata a commenda alla fine del Quattrocento), passò nelle mani di alcuni esponenti della famiglia Colonna, diventando, da quel momento in poi, anche un punto di riferimento artistico. Nel 1924, ottenne il titolo di parrocchia e quattro anni più tardi vennero completati i lavori sull’attuale facciata (quella originale del Settecento crollò nel 1911). Presso l’edificio, con pianta basilicale a tre navate, anche la ‘cateva’ ovvero il sepolcro di San Filippo dove, nel 1596 vennero scoperte le sue spoglie. Diverse anche le tele di un certo pregio ivi custodite, come i ritratti e i dipinti eseguiti da Filippo Randazzo e i lavori di Olivio Sozzi, tutti risalenti al Settecento; all’interno della chiesa anche il crocifisso ligneo di Frate Umile da Petralia.

Ad Agira è custodito anche l’aron più antico d’Europa, ovvero un altare in pietra ebraico risalente al 1454. Fino al 1996, si pensava fosse il resto di un antico portale, lasciato abbandonato presso l’oratorio della Chiesa di Santa Croce, ma lo studioso Benedetto Rocco lo identificò con l’importante armadio sacro che custodisce i rotoli del Sefer Torah. Santa Croce era infatti precedentemente una sinagoga, venne traslata in chiesa dopo la cacciata degli Ebrei dalla Sicilia. Oggi l’aron è custodito presso la chiesa del Santissimo Salvatore.

Autore | Enrica Bartalotta

Foto di Alfio Currenti