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010101CARLO LA LICATA  
lirismo pittorico e identità collettiva
 
18 luglio / 30 agosto 2014
N O T O
 

IL COMUNICATO STAMPA DI  CREACOMeVENTS:

L’ANIMA DEI LUOGHI NELLA MOSTRA 
DI CARLO LA LICATA

L’artista netino inaugurerà una personale a Noto, Sala Gagliardi, venerdì 18 luglio

Noto, 10 luglio 2014- “I luoghi hanno un’anima e il nostro compito è di scoprirla”: con questa missione ideale sarà inaugurata venerdì 18 luglio la mostra di Calo La Licata, artista netino che dopo anni di “eremitaggio” torna a esporre le proprie opere nella sua città d’origine.
Le 25 opere selezionate da collezioni private intessono un percorso che fa della scoperta dei luoghi la ricerca della loro aurea sacralità, scandita da una visione evocatrice che oscilla tra la quotidianità siciliana e la rievocazione dei suoi genii loci. Su tutti i temisi staglia la Madre Terra, che si presenta nelle molteplici vesti di donne monumentali, divinità della terra e figure operose che la popolano.
Sulle opere si stende un velo luminoso e perlaceo, tratto distintivo del pittore netino che ama definirsi un “chiarista” proprio per la connotazione lattiginosa delle sue opere, connotate da una consistenza “pastosa” che si fa strada per indicare la mente e la memoria del luogo narrato.
Come scrive Michele Romano nella nota critica a corredo della mostra “le sue narrazioni cromatiche maturano verso il senso di una metafisica visione del reale, il suo memento mori o quella fugacità della vita è presente e si concretizza in quell’arte senza tempo, è questo il lirismo poetico di La Licata, la dettagliata trasparenza dei suoi oggetti posti con estrema cura non sono la pura espressione di un folclore siciliano, ma sicuramente una maniacale indagine nordica e mediterranea, quel senso corale di una esistenza dove la narrazione iconografica si traduce in poesia per immagini, la pura e casuale disposizione nello spazio sono il mero ricordo di una infanzia e di una realtà vissuta dall’artista. (…)In questo Carlo La Licata è maestro di segni e cromie lontane, una terrena visione di un presente vissuto, dove l’oggetto pittorico si trasmuta in chiave d’indagine introspettiva, quel luogo dei luoghi, dove il segno più visibile di una comunità o etnia si traduce in visione senza tempo”.
Le 25 opere scelte, olio su tela ad eccezione di qualche china, saranno disposte nei diversi ambienti della Sala Gagliardi, all’interno di Palazzo Trigona, secondo un criterio tematico che valorizzerà le nature morte, i paesaggi e i ritratti. La scelta di un allestimento leggero e minimalista, curato dalloStudio Barnum, intende esaltare la visione evocatrice delle opere dell’artista.

L’inaugurazione si svolgerà venerdì 18 luglio alle ore 19.00. La mostra sarà visitabile fino al prossimo 30 agosto. Ogni venerdì di agosto, durante la sera, l’artista sarà presente, accogliendo ospiti e appassionati d’arte in un informale happening per discutere di arte nelle sue molteplici sfaccettature.
 


Nota biografica


Carlo La Licata nasce a Noto nel luglio del 1944. Cresce nella Noto popolare degli anni difficili e fecondi del dopoguerra “quando la gente vociante riempiva le strade,pronta a ricominciare a vivere“. (Carlo La Licata)
Diplomatosi all’Istituto d’Arte di Siracusa,si dedica all’insegnamento di Disegno e Storia dell’Arte negli Istituti Superiori. Gli anni ‘70 sono determinanti per la sua formazione artistica. Un viaggio a Roma gli dà l’occasione di conoscere un pittore, amante di antiquariato ed esperto restauratore di mobili d’arte: da lui apprende l’importanza della conservazione delle testimonianze artistiche,anche minime,del passato.
A Noto fa parte dell’Associazione Arte e Accademia che organizzerà nel 1977 un Simposio sull’Architettura di Noto,primo incontro internazionale di studi sulla stato della città barocca. In questa occasione inizia il sodalizio con lo scrittore Corrado Sofia.
Sempre negli anni ‘70 si tiene la sua prima personale a Bologna.”Andai -racconta Carlo –con trentatré quadri e ne vendetti trentacinque”.
In quegli anni molti sono gli happening e le mostre estemporanee nei luoghi più scenografici della città, anche in collettiva con emergenti artisti locali come Enza Minniti, Raffaele Gallo,Gianni Compagni. Saranno questi gli unici eventi a vivificare le sonnolenti serate estive netine.
La sua attività continua successivamente con l’allestimento di mostre di arte sacra,recuperando paramenti,candelabri,turiboli sepolti e abbandonati nelle sagrestie.
Dagli esordi a oggi la sua pittura si è evoluta: da un primo periodo detto da lui stesso “chiarista”perché caratterizzato dall’uso di colori chiari,quasi lattiginosi,all’attuale in cui emerge con più forza il suo vissuto, caratterizzando le opere con un colore più pastoso,più determinato.
Attualmente vive, in modo quasi eremitico,in una modesta casa a strapiombo sulla parete rocciosa di una cava. Si dedica alla pittura,alla poesia,alla lettura,alconfronto di idee con pochi amici, non mancando mai di esprimere il suo pensiero critico sui problemi della città.
Ama definirsi pittore contadino e come un contadino che vende uova e formaggi o pane di casa a qualche passante che va per le campagne, allo stesso modo lui vende i suoi quadri a chi, anche casualmente, si trovi a passare dalla sua casa e lo veda intento a dipingere donne classiche o popolane, nature morte, scaffali di libri, vasi di fioriCittà di Noto / Unesco-Città Patrimonio Mondiale / Assessorato alla Cultura / Studio Barnum 


18 LUGLIO/30 AGOSTO 2014
INAUGURAZIONE E APERITIVO CON L'ARTISTA VENERDI' 18 LUGLIO ALLE ORE 19.30
Sala Gagliardi – Palazzo Trigona 91- NOTO/Sr

presentazione critica di Michele Romano

a cura di Vincenzo Medica


Nota dell’artista
La proposta di una mia mostra antologica,avanzata da due care amiche,da una parte mi lusingava,ma,nel contempo, creava in me una sorta di inquietudine.
Alla mia età,dopo avere percorso un buon tratto di strada,mi basta vivere nel posto dove abito perché mi fornisce gli elementi necessari al mio lavoro: il silenzio e la solitudine. L’adesione a questo progetto ,a causa degli impegni che avrei dovuto affrontare,veniva a turbare i miei ritmi quotidiani e ad insidiare il mio tempo creativo .
Ma,ascoltando una voce interiore,assecondai l’idea che offrire alla mia Città,ai suoi abitanti e ai suoi ospiti,il frutto di cinquant’anni di pittura,sarebbe stata una generosa opportunità.
Mentre ero immerso in questi pensieri,il mio sguardo si posò sul ritratto di Corrado Sofia*. Cominciai a dialogare con lui proponendogli l’idea che per l’occasione mi sarebbe piaciuto un suo scritto. Ciò poteva succedere soltanto se fossi io a scrivere al posto suo. E così ho fatto.
Considerate questa breve nota come una lettera che ci arriva da un altro mondo.

*Corrado Sofia. Scrittore, giornalista, regista (1906 – 1997)

Conobbi Carlo La Licata negli anni ‘70. Era membro dell’Associazione Arte e Accademia della quale io ero presidente. Ero tornato da poco a Noto e intendevo risiedervi per il resto della mia vita. Questa mia decisione ebbe maggiore impulso allorché mi resi conto che grave era lo stato di abbandono del mio “giardino di pietra”e che era urgente prendersene cura. Stimolato da un gruppo di giovani sensibili e attenti ai problemi della città,di cui faceva parte anche Carlo,organizzai il Simposio su Noto al quale parteciparono insigni studiosi come Cesare Brandi e Andrè Chastel.
In quel contesto conobbi l’opera pittorica di Carlo La Licata che in quel tempo aveva il suo piccolo studio in un angolo di una grande stanza della casa paterna dove sua madre,in autunno,poneva le marmellate di mele cotogne ad asciugare. Ricordo dei dipinti ad olio e alcuni lavori realizzati con pennino e inchiostro di china che mi evocarono certe miniature persiane. 
La nostra amicizia si rinsaldò presto grazie alla comune passione per l’arte e la cultura e al trasferimento di Carlo nella casetta contadina che sorge accanto alla villa di Serravento dove per buona parte dell’anno, abitavo io.
Carlo fece sistemare le tegole sul tetto,imbiancò le pareti,fece installare da suo padre una piccola stufa a legna e in quell’unica stanza soppalcata,dall’umido pavimento di terracotta che mutava il colore ad ogni cambiamento di stagione, trasportò poche cose:il cavalletto,l’inseparabile tavolozza(usa sempre quella),un tavolo,poche sedie;niente telefono, niente televisione. Lì,in una atmosfera di silenzio e di solitudine, iniziò a vivere quello che lui amava definire “il mio noviziato”.
Nel volgere di una stagione fiorì,dopo lunghi anni di abbandono,l’aiuola posta davanti alla casa, un gelsomino si abbarbicò alla grata dell’unica finestra che illuminava l’angolo della casa dov’era sistemato il cavalletto. Lì,come un monaco ,si pose Carlo davanti alla tela e cominciò a muovere la mano.
Allora il pittore si muoveva su un campo cromatico fatto di toni chiari,lattiginosi;sulla tela il colore appariva timidamente;i paesaggi,le donne avevano un’aria trasognata,come se vivessero in una dimensione quasi fiabesca.
Col passare degli anni,in uno stile di vita spartano,in compagnia degli amati libri e di Stellina,la fedele cagnetta, la sua pittura acquisiva nuova linfa e nuova forza 
Io, puntualmente, ai primi tepori di ogni primavera lasciavo in fretta Roma e mi trasferivo alla Serravento dove trovavo il mio amico e un pasto caldo preparato da lui per festeggiare il mio ritorno. Per me era un tornare sempre più piacevole, anche perché si era spontaneamente creata una piccola comunità:lo scrittore e il pittore poeta. Ogni volta che scrivevo qualcosa mi precipitavo da lui per farglielo leggere e così lui con me mostrandomi per primo i suoi lavori:diventammo “critici”l’uno dell’altro.
Un anno prima della mia scomparsa,Carlo, quasi ubbidendo ad un presentimento,decise di andare a vivere altrove. Cercò e trovò una piccola casa nei pressi del santuario della Madonna della Scala. Sapeva in cuor suo che dopo di me Serravento non sarebbe stata più la stessa e sentiva pure che quella specie di “noviziato”era concluso. Desiderava lasciare quella dimensione, divenuta ormai rassicurante e domestica,per un luogo più distante dalla città e più solitario.
Amava dire che aveva posto il nido su una rupe più elevata per vedere “più mondo”
Volli visitare quel luogo che non conoscevo ed un pomeriggio Carlo venne a prendermi con la sua auto e mi portò a vedere la sua nuova casa. Dal terrazzo della casa che sovrasta una piccola cava iblea sentii mormorare il ruscello che vi scorre e il cinguettio degli uccelli. Rimasi muto per un po’,contemplai quel teatro fatto di alberi e di pietre e dissi soltanto:qui è tremendo.
 



Nota biografica
Carlo La Licata nasce a Noto nel luglio del 1944. Cresce nella Noto popolare degli anni difficili e fecondi del dopoguerra “quando la gente vociante riempiva le strade,pronta a ricominciare a vivere “
Diplomatosi all’Istituto d’Arte di Siracusa,si dedica all’insegnamento di Disegno e Storia dell’Arte negli Istituti Superiori.
Gli anni “70 sono determinanti per la sua formazione artistica. Un viaggio a Roma gli dà l’occasione di conoscere un pittore ,amante di antiquariato,esperto restauratore di mobili d’arte e da lui apprende l’importanza della conservazione delle testimonianze artistiche,anche minime,del passato.
A Noto fa parte dell’Associazione Arte e Accademia che organizzerà nel 1977 un Simposio sull’Architettura di Noto,primo incontro internazionale di studi sulla stato della città barocca. In questa occasione inizia il sodalizio con lo scrittore Corrado Sofia.
Sempre negli anni “70 si tiene con notevole successo,la sua prima personale a Bologna.
In quegli anni molti sono gli happening e le mostre estemporanee nei luoghi più scenografici della città, anche in collettiva con emergenti artisti locali come Enza Minniti, Raffaele Gallo,Gianni Compagni. Saranno questi gli unici eventi a vivificare le sonnolenti serate estive netine.
La sua attività continua successivamente con l’allestimento di mostre di arte sacra,recuperando paramenti,candelabri,turiboli sepolti e abbandonati nelle sagrestie.
Dagli esordi a oggi la sua pittura si è evoluta: da un primo periodo detto da lui stesso “chiarista”perché caratterizzato dall’uso di colori chiari,quasi lattiginosi,all’attuale in cui emerge con più forza il suo vissuto, caratterizzando le opere con un colore più pastoso,più determinato.
Attualmente vive, appartato e solitario, in una modesta casa a strapiombo sulla parete rocciosa di una cava. Si dedica alla pittura ,alla poesia,alla lettura,al confronto di idee con pochi amici, non mancando mai di esprimere il suo pensiero critico sui problemi della città .
Ama definirsi pittore contadino e come un contadino che offre uova e formaggi o pane di casa a qualche passante che va per le campagne, allo stesso modo lui cede i suoi quadri a chi, anche casualmente, si trovi a passare dalla sua casa e lo veda intendo a dipingere donne classiche o popolane , nature silenti, scaffali di libri , vasi di fiori .