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Un tempo, i panni venivano lavati a mano con l’uso della liscìva, ovvero di una soluzione composta da cenere e acqua. Sarà per questo che anche i detersivi più moderni oggi contengono la cenere.

Ovviamente non la cenere proveniente dalle sigarette, ma quella che veniva ricavata dalla combustione del legno, che alimentava i camini o le stufe casalinghe. Migliore era il legno, migliore era la cenere, che se di qualità arrivava ad essere fine e bianca.
Dalla lascìva cotta con il grasso animale, vennero ricavati poi i primi saponi, che vennero sostituiti solo dall’uso della soda caustica, un composto chimico che divenne a buon mercato solo verso la fine del Settecento.
Anticamente, il lavaggio dei panni veniva disposto ogni due mesi, e dal momento che era particolarmente faticoso, vi erano anche delle donne che, dietro compenso, mettevano le proprie prestazioni appositamente al servizio di questo compito.

Tutto iniziava con la raccolta dell’acqua dai pozzi, che venivano posti a bollire sul fuoco. Una volta che l’acqua raggiungeva i 100 °C, si aggiungeva al fuoco la cenere vegetale e si rimestava ciò che si era venuto a creare, ovvero un liquido grigiastro denominato liscìva. Questo composto era particolarmente grasso, dunque aveva un forte potere pulente. Dopo la produzione della liscìva, iniziava la prima parte della pulitura: sopra la biancheria si disponeva una sorta di telo, che aveva l’obiettivo di fungere da filtro, in quanto la cenere non avrebbe dovuto toccare i panni. Questo processo veniva fatto sopra un mastello, perché la liscìa veniva infatti travasata più volte per essere più volte versata sui panni con l’ausilio di braccia e mani, ciò che il cestello della lavatrice oggi fa per noi.

Dopo l’ultimo travaso, i panni venivano coperti da una serie di assi di legno per evitare che il liquido si raffreddasse. La biancheria necessitava infatti di rimanere in ammollo per tutta la notte, per poi essere fregati con sapone di Marsiglia e spazzole di saggina, il giorno seguente. Subito dopo, i panni venivano portati al lavatoio comune, dove venivano sciacquati; infine tornavano a casa, dove venivano stesi al sole.
Oggi la liscìva viene considerata un modo ecologico per lavare il bucato, che comporta sì un po’ di fatica, ma anche un bianco brillante e duraturo.
Per poter creare la propria liscìa, è necessario avere un pentolone in cui verrà disposta la cenere, già finemente setacciata, che dovrà essere in rapporto 1 a 5, ovvero 1 bicchiere di cenere per 5 litri d’acqua.

Preparazione:

Porta a ebollizione a fuoco lento, il composto d’acqua più cenere presente nel recipiente: all’inizio sarà necessario mescolare piuttosto frequentemente. Ci vorranno all’incirca 2 ore, per avere la propria liscìva, che avrà raggiunto il giusto grado di saturazione solo quando, assaggiandola un po’ sulla punta della lingua, avrete sentito che vi pizzicherà appena. Una volta terminata la cottura, la liscìa necessiterà di almeno un po’ di tempo di riposo e decantazione.

Ora toccherà preparare un altro recipiente, contenente alcuni stracci o federe di cotone possibilmente bianche; lo straccio infatti sarà il nostro filtro, dunque non deve scolorire. Tendi lo straccio sul recipiente e poi fissalo, magari ai manici, con uno spago oppure un elastico, ma se ne hai abbastanza, basterà un nodo ben stretto. Versa il contenuto della pentola sullo straccio. Mi raccomando: non mescolare il liquido, è necessario infatti che la parte solida e quella liquida rimangano separate. Questa operazione può essere ripetuta tutte le volte che lo si desidera, per consentire alla liscìva di diventare quanto più possibile limpida, e quindi di non sporcare i vostri panni, bensì di pulirli. Il panno infatti tratterà le particelle di cenere più grosse e nere, cosicché alla fine rimarrà soltanto un liquido chiaro; il composto così ottenuto veniva denominato ‘cenerone’.

La parte liquida, è quella che veniva utilizzata per le pulizie, ma non solo del bucato, anche dei piatti, e dei pavimenti. Se conservata, in un recipiente ermetico posto in un luogo asciutto, la liscìva rimane attiva per molto tempo e può essere considerata il detersivo ecologico per eccellenza. Può essere utilizzata sia pura che diluita con altra acqua, ad esempio sui panni colorati, e inserita anche in lavatrice al posto del detersivo.
La parte più solida, cremosa, possiede un leggero potenziale abrasivo, non va quindi gettata, perché è perfetta per sgrassare lo sporco più ostinato, come ad esempio quello dei fornelli, delle cantine, o anche per combattere le macchie di ruggine o di calcare presenti sulle superfici metalliche.

Autore | Enrica Bartalotta