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Il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Ancora oggi a Corleone c'è chi si diletta criminale ed allora impone alle aziende edili non solo il pagamento del classico pizzo, ma anche l'utilizzo di una certa manodopera e l'acquisto di materia prima da imprenditori amici.

Per fortuna le nostre forze dell'ordine, carabinieri del Gruppo di Monreale, hanno sgominato il clan di palazzo Adriano. Ed il tutto senza la collaborazione delle vittime di danneggiamenti e intimidazioni: VERGOGNA, CAPRONI!

Ma la parte più vergognosa è che Totò Riina, nonostante il 41 bis, potesse contare ancora su un gruppo di fedelissimi nella sua Corleone.

E chi era la figura più autorevole tra questi criminali allo sbaraglio?
Lui si chiama Antonino Di Marco, 58 anni, dipendente comunale, “ohlè!”

Il suo ufficio era diventato un covo perfetto per i summit mafiosi nei quali discutere di appalti, estorsioni e campagne elettorali.

 

Tutto è stato registrato e seguito attentamente dai carabinieri che, come davanti al televisore di casa, apprendevano tutto quello che c'era da sapere sull'organizzazione criminale, facendosi beffa della stupidità contadina del mafioso medio.

Immaginate lo stupore di queste 6 “brave persone” quando all'alba sono state arrestate sulla base di un provvedimento di fermo emesso dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo Sergio Demontis, Caterina Malagoli e dal procuratore reggente Leonardo Agueci.

 

Di Marco portava spesso al suo clan i saluti di Salvuccio Riina, il terzogenito del capo di Cosa nostra che adesso vive a Padova dopo aver finito di scontare una condanna. E impartiva lezioni di mafia: "Noi siamo una famiglia”; C'è bisogno di serietà, educazione e rispetto"; "Noi dobbiamo essere con la gente, con chiunque", e predicava ancora Di Marco, "La gente deve avere il dubbio, mai la certezza di chi comandi". Proprio per questo accettò in passato che la figlia si fidanzasse con un sottufficiale dei carabinieri: era più importante essere un insospettabile.

 

Ma quali erano gli affari gestiti da Di Marco?
Soprattutto appalti, grazie alla complicità di funzionari collusi (e poi ci lamentiamo della politica di ROMA, quando i primi a violentare la propria terra sono i siciliani!).

 

Inoltre la procura distrettuale antimafia sostiene che il gruppo legato a Di Marco si sarebbe mosso anche per la campagna elettorale di un esponente dell'Udc, Nino Dina, attuale presidente della commissione Bilancio dell'Assemblea regionale siciliana.

 

Per non parlare di uno dei suoi ultimi affari: il clan di Corleone gestiva alcuni terreni della Curia di Monreale, in contrada Tagliavia. Stando alle intercettazioni era stato addirittura Salvatore Riina a concedere questo privilegio ai Di Marco, come ricompensa per i servizi resi.

 

Ecco i nomi degli arrestati : Di Marco, Pietro Paolo Masaracchia (ritenuto il capomafia di Palazzo Adriano), Nicola Parrino, Franco e Pasqualino D'Ugo.
 

Autore | Viola Dante » seguimi su facebook ♥