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Da secoli odoro di zagara e gelsomino, di salsedine e stoppie, di timo e di pino, di pioggia e di polvere. In primavera mi vesto di fiori di mandorlo e di pesco, in estate di spighe e di biade, di frutta e di orti. Il sole mi “affara”, lo scirocco mi soffoca e le cicale mi assordano, qua e là la neve mi veste di bianco. Sono il fuoco che m’infiamma e l’acqua che mi spegne, sono il vento e la bufera. Tre mari mi cingono e mi isolano. Un vulcano m’innalza fra le nuvole e il suo fuoco sotterraneo mi radica nella terra e fa ardere le mie viscere di violente passioni.

I miei figli mi assomigliano: da sempre generosi, alcuni sono violenti, altri calmi e riflessivi hanno portato il mio buon nome nel mondo. Con i miei seni carichi e generosi li ho sempre nutriti con amore, e con amore ho fatto da nutrice ai figli di altre madri venuti dal mare per colonizzarmi. Accuditi come figli miei sono rimasti, e nei secoli la loro cultura s’è integrata con la nostra, arricchendo e plasmando i nostri caratteri in maniera indelebile e unica. Poi un re e mille uomini con la forza mi hanno unita al resto d’Italia per attaccarsi avidamente ai miei seni e prosciugarli a discapito dei miei figli: uno stupro e saccheggi vari camuffati da nobili intenti unitari.

Le bocche, un tempo ridenti e sagge, lentamente son divenute malinconiche, rassegnate e mute. Muti, con gli occhi che non devono vedere, le orecchie che non devono sentire, le bocche che non devono parlare, i miei figli più poveri sono costretti con dolore a lasciarmi. Omertosi, molti non osano più ribellarsi ai fratelli peggiori, svendendo i loro giorni. Altri invece hanno voluto tenere gli occhi, le orecchie e le bocche aperte, e per ciò sono morti eroi d’un’Isola eroica.

Oggi, nonostante i miei seni inariditi e stanchi, continuo a fare da nutrice ai figli di altre madri sfortunate, che salgono al Sud d’Italia e approdano sui miei larghi fianchi in cerca di fortuna. Faccio quel che posso per  nutrirli, e spero che facciano altrettanto le madri che accolgono i miei figli costretti ancora a salire più a Nord in cerca di miglior sorte. E ora che i miei seni sono aridi e stanchi e le identità smarrite, alcuni italiani mi vogliono separare ancora da loro e rendere i miei figli sempre più uomini senza destino. Io amo i miei figli perché le loro diverse anime le porto sempre con me, nel bene e nel male. E come le onde del mare che s’infrangono sulla riva e vanno e vengono in un infinito divenire, così i miei figli arrivano e poi se ne vanno, lasciando in me un’immensa ricchezza che non avrà mai fine.

 

Angelo Lo Verme

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