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“Ovunque tu sia”, opera prima di Bernardo Bertenasco, è un breve romanzo storico ambientato negli anni ’80. L’Unione Sovietica è messa in crisi da Lech Walesa e dal richiamo internazionale di Solidarność, le dittature di destra in America Latina sono sul finire; da poco il mondo ha scoperto chi è veramente il generale Videla e come sia semplice diventare un desaparecido in Argentina. La globalizzazione si sta imponendo e, con questa, il pensiero unico neoliberale e la “fine delle ideologie”.

Ma cosa c’entra in tutto questo la Sicilia?

Il protagonista del romanzo, Ludovico, non ha una professione definita, forse è un giornalista, un professore o un agente segreto; però possiede un’origine certa, è siciliano. In realtà non si sa bene se sia nato in Sicilia o no, perché questo non viene mai detto, ma è certo che il romanzo si apre con la sua partenza dall’aeroporto di Punta Raisi.

La trinacria ricopre soprattutto una dimensione ideale e onirica nel corso di tutto il testo: la Sicilia è sogno, perfezione, evasione.

Ludovico, in un momento piuttosto difficile della storia che sarebbe sbagliato svelare qua, spera di poter tornare “alla Vucciria, al monte Pellegrino, all’isola delle femmine”

Quando si mischia nella folla acclamante a Varsavia si sente fuor di luogo, perché lui è “romano, palermitano, mediterraneo”

In una fase estremamente complicata del racconto e della sua vita interiore, la Sicilia si materializza come idea platonica: così la processione di San Calogero ad Agrigento diventa un viaggio nel viaggio, forse un’allucinazione o un momento onirico, questo lo giudicheranno i lettori

L’isola rappresenta anche il richiamo alla morte, a quella evocata da Bufalino, ma anche a quell’immanenza pura di Sciascia che, nella sua semplicità, esprime la forza del trapasso nelle terre selvagge e polverose dell’isola, dove se pur a morire è un “pirata saraceno”, sempre lo attende un “fosso senza gloria”, non per pessimismo, ma per amore per la banalità dell’esistere

 

La Sicilia è soprattutto il fascino della storia, dei turchi dei greci o forse dei mamelucchi, che rendono possibile il miracolo, la salvezza e la redenzione

 

Il biancore della scala dei turchi rappresenta la possibilità, l’elemento onirico e stabile, la forza della natura nell’eterno divenire degli uomini, degli animali, del male, delle dittature, degli abusi e delle coercizioni che sempre si ripetono uguali

Ovunque esse siano