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Avremo soltanto un anno di tempo per prepararci all'eruzione di uno dei supervulcani che "dormono" sulla Terra, un'esplosione così potente da riuscire a devastare l'intero pianeta, modificare il paesaggio locale e condizionare il clima per numerosi anni a venire con effetti catastrofici per gli esseri umani. Secondo una ricerca pubblicata su "Plos One", i primi segnali dell'imminente eruzione si presenteranno in ritardo, dunque non sarà possibile per gli scienziati riconoscerli prima dei 12 mesi precedenti all'evento.

Un'analisi microscopica dei cristalli di quarzo estratti da un sito nell'est della California in cui, 760 mila anni fa, è avvenuta una violenta eruzione, ha portato gli studiosi Guilherme Gualda della Vanderbilt University e Stephen Sutton della University of Chicago a ipotizzare che i segnali d'avvertimento siano ben pochi perché la fase finale che precede l'esplosione dei supervulcani, di fatto, si consuma in poco tempo. Un tempo gli esperti credevano che questi cristalli (che ricoprono la sommità dei supervulcani) si formassero in decine di anni, nel periodo precedente all'eruzione: datandoli, invece, hanno scoperto che la scala temporale va ridotta di molto.

In passato, il nostro pianeta ha subito varie eruzioni di questo genere. Il Taupo in Nuova Zelanda, esploso circa 26.500 anni fa, produsse oltre 1000 chilometri cubi di materiale, formando una caldera di oltre 30 chilometri di diametro. Questa datazione, forse non a caso, è molto vicina a quella dell'ultimo massimo glaciale. In Indonesia, 75.000 anni fa, un vulcano è esploso emettendo circa 300 chilometri cubi di materiale e formando quello che oggi è noto come lago Toba. Oltre a quest'ultimo, le caldere oggi più pericolose sono quelle di Yellowstone negli Stati Uniti e i Campi Flegrei in Italia.

Le eruzioni fanno parte della storia della Terra: i vulcani, soprattutto i supervulcani, ci sono ed erutteranno ancora. Ciò che conta è capire quando. "Più del 70% della potenza dovrebbe accumularsi in meno di un anno, infatti i cristalli di quarzo sono cresciuti maggiormente nell'arco di mesi o addirittura giorni prima dell'eruzione", scrivono i ricercatori. Un anno di tempo non sembra abbastanza per correre ai ripari, per costruire un'immaginaria arca e mettersi in salvo. Neanche quest'ultima, però, basterebbe: le conseguenze potrebbero farsi sentire in qualsiasi zona del pianeta e in nessun posto gli esseri umani potrebbero sentirsi al sicuro.