C’è una scena, nella nuova serie tv Netflix “Sicilia Express“, che non passa inosservata. Non è una gag comica, né un colpo di scena, ma un monologo. Una riflessione profonda, che racconta la Sicilia e i siciliani come raramente si è osato fare in tv.
A pronunciarlo è il Signor Giacalone, paziente siciliano dei protagonisti Salvo e Valentino. Il suo volto è quello dell’attore Angelo Tosto, nome noto del teatro siciliano. Con tono pacato e disilluso, il suo personaggio fa emergere il cuore pulsante di un’isola, che troppo spesso si guarda con occhi stanchi e disincantati.
“Sono secoli che è così…”, comincia il signor Giacalone. E in quel momento tutto si ferma: il viaggio surreale tra Nord e Sud, il portale magico, la commedia. Quello che resta è una verità antica, narrata con la forza di una favola amara, che ha il sapore delle cose tramandate.
“La Sicilia, si dice, era troppo bella e gli altri popoli che erano invidiosi cominciarono a protestare, francesi, spagnoli, australiani, tutti se ne andarono al cospetto del Padreterno: “Hai fatto la Sicilia, la terra più bella del mondo e a noi ci hai trascurato”. Allora il Padreterno, per rendere la Sicilia un poco più brutta, lo sapete cosa fece? Creò i siciliani. Questa è la prima storia che ci raccontano da quando siamo picciriddi e ci siamo convinti che non siamo brave persone e che ogni cosa che succede, che non funziona, le cose brutte…pensiamo che siano colpa nostra e che ce le meritiamo”.

Dietro la leggerezza del racconto si cela una denuncia lucida: l’abitudine all’autocolpevolizzazione, la convinzione radicata che tutto ciò che va storto sia “colpa nostra”. Un meccanismo psicologico che diventa sociale e culturale. “E intanto, c’è qualcuno che se ne approfitta”.
Un monologo tra mito e realtà
Il monologo – breve, ma potentissimo – si inserisce con naturalezza all’interno di Sicilia Express, una serie tv che gioca continuamente con i contrasti: Milano e Palermo, realtà e fantasia. La narrazione fantastica del portale magico, che permette ai protagonisti di spostarsi in un istante da Nord a Sud, diventa il pretesto per scavare dentro le fratture dell’identità contemporanea.
E proprio in questo contesto prende corpo la voce di un personaggio che si fa portavoce di una visione collettiva, antica e moderna insieme. Le sue parole non giudicano, non cercano colpevoli: rivendicano dignità, raccontano un popolo che ha interiorizzato il senso di inadeguatezza come una verità assoluta.

“Noi siciliani dovremmo cominciare a pensare che a noi le cose ci spettano come spettano agli altri”, dice. Ed è qui che il monologo cambia tono, diventa invito, slancio, consapevolezza. Un atto d’amore e di ribellione. La conclusione è quasi surreale nella sua semplicità: “Ecco perché io voglio le medicine siciliane”. La battuta strappa un sorriso, ma subito dopo resta l’eco di un bisogno profondo: non più elemosine, ma diritti.
Un’eco lontana: il Gattopardo e il disincanto di Don Fabrizio
Impossibile, davanti a un monologo simile, non pensare a un altro celebre discorso: quello di Don Fabrizio nel “Gattopardo”, il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Anche lì, la Sicilia è descritta come una terra bellissima e immobile, incapace di cambiare. “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalli, le iene…”, dice il Principe di Salina, con amara lucidità. E poi ancora: “Il sonno, l’oblio: ecco ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, chi vorrà scuoterli dal loro torpore, fosse anche per portarli i più bei regali”.
Ma se Don Fabrizio parlava con la rassegnazione dell’aristocrazia al tramonto, il personaggio di Sicilia Express sembra cercare una via d’uscita dalla narrazione dominante. Non si accontenta della bellezza passiva dell’isola, ma rivendica il diritto a essere protagonisti della propria storia. Una Sicilia che non si limita a esistere, ma pretende attenzione, risorse, rispetto.
Sicilia Express, la serie che mescola commedia e identità
La forza del monologo sta anche nel suo posizionamento narrativo. All’interno di una serie leggera, comica, a tratti surreale, irrompe un momento di verità cruda. La penna di Ficarra e Picone, affiancata da Nicola Guaglianone, Fabrizio Testini e Fabrizio Cestaro, riesce ancora una volta a unire il sorriso alla riflessione.
Salvo e Valentino, i due infermieri protagonisti, affrontano la routine di migliaia di italiani: vivere lontani dalla propria terra per lavorare altrove. Il portale magico è un’idea narrativa brillante, che rende visibile l’invisibile: lo strappo identitario, la doppia appartenenza, la nostalgia.
E in mezzo a tutto questo, arriva lui: quel personaggio apparentemente minore, che in poche battute consegna al pubblico un manifesto della sicilianità contemporanea. Una frase dopo l’altra, costruisce un racconto che è leggenda popolare e verità sociale, mito fondativo e grido di rivalsa.
Non è solo questione di orgoglio. Non è solo folklore. Il monologo di Sicilia Express porta con sé una richiesta politica, sociale e culturale: essere trattati con la stessa dignità degli altri. Ricevere le stesse cure, gli stessi servizi, le stesse possibilità. In una parola: equità.
È per questo che l’ultima frase del discorso – “Io voglio le medicine siciliane” – funziona. Perché non è una battuta. È la sintesi perfetta di tutto il messaggio: i siciliani non vogliono favori, vogliono ciò che spetta loro di diritto.
@angelopuccio21 La Sicilia e i Siciliani…#perte #neiperte #ficarraepicone #sud #siciliaexpress #sicilia ♬ suono originale – angelopuccio21
