PALERMO – Nella lista dei super-ricercati approntata dal Viminale, non c’è soltanto Matteo Messina Denaro, ma anche il palermitano 59enne Giovanni Motisi, detto “u pacchiuni” (il grasso). Insieme a loro il camorrista Marco Di Lauro. Dopo l’arresto dello ‘ndranghetista Rocco Morabito, fa capolino anche un quarto e ultimo nome, quello di Attilio Cubeddu, che ha avuto un ruolo da protagonista nell’Anonima sequestri sarda.
Motisi è ricercato dal 1998 per omicidio, dal 2001 per associazione di tipo mafioso e dal 2002 per strage. Dal 10 dicembre 1999 è ricercato anche in campo internazionale. Quello che per un collaboratore di giustizia fu il killer di fiducia di Totò Riina ha l’ergastolo da scontare.
Nato a Palermo l’ 1 gennaio 1959, per gli inquirenti si sarebbe avvicinato all’ala moderata di Cosa nostra guidata da Bernardo Provenzano. È stato condannato all’ergastolo per l’omicidio del commissario Giuseppe Montana, ucciso il 28 luglio 1985. Nel 1999, durante la perquisizione della sua villa di Palermo all’Uditore, spuntò una fitta corrispondenza tra lui e la moglie Caterina Pecora, figlia di costruttori in odore di mafia.
Si tratta di bigliettini recapitati da ‘postini’ fidati assieme a vestiti e regali. Ed è dello stesso anno l’ultima apparizione certa in Sicilia di “‘u pacchiuni”, alla festa di compleanno della figlia: nelle foto ritrovate diversi anni dopo risaltano le pareti coperte con lenzuola bianche per non far riconoscere il posto. Da allora, più niente o quasi tanto da alimentare il sospetto che Motisi possa essere morto.
Ma la caccia non è stata dichiarata definitivamente chiusa. Una delle ipotesi è che sia nascosto in Francia. Angelo Casano, che per un periodo è stato subalterno di Motisi, ha raccontato che nel 2002 il boss fu destituito dalla reggenza di Pagliarelli. Al suo posto tornò Nino Rotolo, trasferito ai domiciliari per motivi di salute. Casano sapeva pure che Motisi accettò la destituzione, decise di occuparsi solo ed esclusivamente della latitanza, e venne accompagnato dalle parti di Agrigento dove si sarebbe nascosto nel 2004. Qui nasceva la pista francese. Nell’Agrigentino, fino al suo recente arresto, dettava legge Giuseppe Falsone, boss arrestato nel 2010 dalla gendarmeria francese a Marsiglia.
