Anno nuovo vita nuova, o forse dovremmo dire nuova tassa sugli immobili: dal 2015 si pagherà la “local tax”, per accorpare Imu e Tasi, oltre ad una serie di altre imposte comunali.
La legge di stabilità del 2015 ha richiesto un investimento di oltre 36 miliardi di euro; oltre alla tanto discussa “Buona Scuola” e ai succulenti incentivi per le aziende che dovrebbero portare alla formazione di nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato, ci sono anche gli elementi relativi alle amministrazioni e agli enti locali.
Il 2015 attende soprattutto le provincie al varco: i super tagli a cui verranno sottoposte, dovrebbero infatti rappresentare il primo passo verso la sparizione delle stesse, obbligando dunque le amministrazioni comunali ad aumentare il gettito per garantire i propri servizi; ed è in questo contesto economico che si inserisce la “local tax” una tassa cioè a tutti gli effetti comunale, nella quale dovrà rientrare anche l’Imu che oggi gli esercizi commerciali pagano direttamente allo Stato.
Un’imposta che porterebbe contemporaneamente i Comuni alla rinuncia dell’addizionale Irpef, e al rifiuto di una serie di balzelli locali, nati a causa dell’autonomia fornita ai sindaci per quanto riguarda il gettito fiscale. Una pioggia di aliquote e detrazioni divise per città, che la “local tax” spera dunque di abolire. Un modo per farlo è ad esempio quello di creare una serie di macrocategorie all’interno delle quali i sindaci potranno intervenire per aumentare gli introiti; stesso discorso per il numero di contributi che potranno entrare a far parte della nuova tassa.
Per ora, oltre a Imu e Tasi, ovvero l’imposta volta ai lavori di manutenzione del suolo comunale, si pensa che nell’Olimpo delle imposte delle amministrazioni cittadine, possa rientrare anche la Tari, ovvero la tassa comunale sui rifiuti istituita nel 2014, la quale da sola, è in grado di generare un flusso di ben 7,3 miliardi di euro. Seguono l’addizionale Irpef, con altri 4,3 miliardi di euro, e l’imposta sulla pubblicità che regola le pubbliche affissioni e l’apposizione delle insegne per gli esercizi commerciali.
Ma nella “local tax” potrebbe esserci anche la TOSAP, ovvero la Tassa sull’Occupazione di Spazi e Aree Pubbliche, e infine la tassa di soggiorno, da accorpare a quella di scopo, ovvero un’imposta indiretta volta, spesso e volentieri, a finanziare opere pubbliche, a sostenere situazioni di emergenza, al restauro di edifici o al finanziamento di eventi di carattere turistico elevato: per un guadagno di altri 337 milioni di euro nelle sole casse dei Comuni.
Autore | Enrica Bartalotta