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01L’origine di San Giovanni Battista, meglio conosciuta col nome di San Giovanni Dei Lebbrosi, é al quanto complesso e meno lo è la datazione dei fatti storici e della sua costruzione, che a oggi sono considerati approssimativi. Secondo lo studioso storico e teologo frate domenicano Tommaso Fazzello (1498-1570), nel secolo XVI e poi da altre fonti autorevoli in età recente, la chiesa fu costruita nel 1071, durante il periodo di lunghi cinque mesi di assedio da parte delle truppe del Re Normanno Ruggero I di Sicilia, guidate da Roberto il Guiscardo e Ruggero d’Altavilla. Gli arabi opposero una forte resistenza, quindi l’assedio si protrasse nel tempo e fu in questo periodo, che nel luogo ove sorgevano i ruderi di un castello saraceno, chiamato Yahya (Giovanni in arabo), fu fondata la chiesa San Giovanni Battista, per opera di Roberto il Guiscardo e del fratello Ruggero d’Altavilla, Si presume che probabilmente dato il periodo di guerra contro gli Arabi, i lavori di costruzione della chiesa anche se iniziati nel 1071, siano terminati in modo definitivo anni dopo, infatti, risulta che l’edificio sia stato completato definitivamente alla morte di Roberto il Guiscardo avvenuta nel 1085.
In ordine di tempo é la prima costruzione Normanna della città di Palermo.
La comparsa del lebbrosario avviene probabilmente nel sesto decennio del secolo XII, da una pergamena conservata nel tabulario della Chiesa della Magione, risulta una concessione datata maggio 1155, per mano del sovrano Guglielmo I, figlio di Ruggero II, nel quale si cita che l’ospedale dei lebbrosi (da cui poi divenne il nome in uso della chiesa), fu fondato da Ruggero II, ma non ve e alcuna menzione dell’anno d costruzione. Da fonte citata dal monaco benedettino Goffredo Malterra di origine Normanna (XI secolo), cronista del tempo si enuncia che Goffredo figlio di Ruggero I e della moglie Giuditta di Evreux, mori di lebbra ma non è menzionato l’anno, e dato questo evento luttuoso il sovrano Ruggero II fratello di Goffredo, fece edificare il lebbrosario.
Nel 1219 a causa della perdita dei frutti economici delle terre e dei casali passate al monastero di Monreale, il Re svevo Federico II, dono la proprietà della chiesa e dell’ospedale all’Ordine dei Cavalieri Teutonici, della chiesa della Magione, con la speranza che avrebbero garantito l’assistenza dei malati. In realtà avvenne in parte e con difficoltà. Nel 1495 il lebbrosario passo al senato cittadino di Palermo. Alla fine del 1500 l’ospedale fu trasformato in lazzaretto per la peste scoppiata a Palermo (giugno 1575). In seguito l’ospedale fu incorporato con tutti i pazienti di lebbra, tisici, e malati di mente all’ospedale grande e nuovo, fondato dal frate Benedettino Giuliano Majali, ubicato all’interno del palazzo Sclafani. Nei primi dell’ottocento il vecchio ospedale dei lebbrosi ormai abbandonato e in disuso, fu trasformato in stabilimento per la concia della pelle. Oggi rimangono solo i ruderi cadenti di quello che fu l’antico ospedale dei lebbrosi, che a tutela di una memoria storica e umana, andrebbe restaurato e trasformato in un museo d’arte e storia. E’ di questi giorni la notizia che San Giovanni dei Lebbrosi, verrà in tempi brevi inserito nell’itinerario mondiale del percorso storico e monumentale, patrimonio Unesco della città di Palermo.
La chiesa di San Giovanni dei lebbrosi, subì a seguito di un rinnovamento seicentesco nel XVII secolo un’alterazione della struttura architettonica, con un voltone in muratura e l’applicazione di una decorazione murale a stucco, fino a snaturare i caratteri originari, furono occultati anche le finestre delle navate laterali. Infine con un felice intervento di restauro eseguito dall’architetto Francesco Valenti, nato a Palermo nel 1868, studioso dell’architettura Normanna, ridiede l’antico aspetto originario architettonico e in parte, dove mancavano indizi storici e schematici, seppe dare uno stile simile a quello normanno arabo (era solito agli architetti Normanni affiancare architetti arabi con lo stile islamico). Fu pertanto abbattuta, la pesante volta portante a botte, con teste di padiglione della navata centrale e la demolizione delle volte a crociera delle navate laterali, furono scrostati gli intonaci e gli stucchi. Si ricostruì l’altare marmoreo della tribuna in sembianza del tipo esistente della chiesa di San Cataldo, in oltre fu abbassato il pavimento tale come lo era al tempo dei Normanni. La facciata della chiesa oggi si presenta leggermente sbilanciata verso sinistra, per la collocazione delle scale che permettono l’accesso al portico del campanile e che apre l’ingresso alla chiesa, ricostruito in modo più inerente allo stile Normanno al posto del precedente.
Gli smussi agli angoli dei pilastri portanti, le archeggiature mostrano, ancora oggi le tracce del rimaneggiamento. I lavori di restauro iniziarono nel 1920 e terminarono nel 1934.
La chiesa e posta a sud-ovest e la struttura é composta in muratura in piccoli conci di tufo calcare, conchigliare, arenario, disposti in filari regolari. La chiesa presenta un impianto basilicale con tre navate, divise da tre coppie di robusti pilastri, a pianta rettangolare, ove si collocano quattro arcate a sesto acuto, le navate sono coperte da tetti lignei ben visibili.
L’area dell’altare (presbiterio) è sovra levato rispetto al piano, un breve spazio rettangolare precede l’abside di centro dell’altare. La copertura del presbiterio e composta ai lati con volte a crociera e in alto la tipica cupoletta ricoperta di colore rosso impermeabilizzato. La cupola poggia su un tamburo quadrato all’esterno é collocato all’interno da otto archi ribassati, gli imbocchi absidali sono agli angoli di colonnine incassate, alcune originali e altre imitazioni di gesso.
Il capitello della colonna angolare destra dell’abside destro, sull’echino porta un’iscrizione araba a caratteri cufici ormai illeggibili per il cattivo stato di conservazione, si presume che il capitello sia un raro esempio in Sicilia di tipo similare Ommayyde-Andaluso.
La Navata centrale preceduta da un portichetto, ove si apre l’ingresso principale, nell’angolo di sinistra si trova una rientranza, dove è stato ricavato un corpo in cui si colloca la scala d’accesso al piccolo campanile. Oltre l’ingresso principale, vi è uno secondario che apre l’accesso alla navata sud, e un ingresso di servizio che consente l’accesso al presbiterio dal lato nord. Le finestre hanno una strombatura verso il suo interno, mentre all’esterno sono racchiuse con archi ribassati, in origine erano forniti di transenne a traforo, poiché furono trovati frammenti nelle murature.
Sopra l’altare della navata centrale è posto un crocefisso ligneo del quattrocento di raro pregio artistico in decorazione pittorica, non si hanno notizie sull’autore, si presume che sia opera eseguita da monaci del tempo.
E un atto dovuto fare un omaggio in ricordo del prelato Don Domenico Tinaglia, Nato a Vicari il 21/2/1938, é morto all’età di 76 anni il 07.06.2014. Fu ordinato presbitero il 10/7/1965. E’ fu parroco della chiesa di San Giovanni dei lebbrosi dall’8/9/1970 al giorno della sua morte. Egli nei lunghi anni del suo cammino pastorale ha saputo con grande entusiasmo, portare avanti non solo ottimamente vita pastorale della parrocchia, ma ha anche tenuto cura del grande patrimonio che gestiva pienamente cosciente dell’alto valore architettonico monumentale, egli si adopero perche fosse curato con grande responsabilità e questo compito lo esegui egregiamente lasciando la chiesa in condizioni molto migliore di come l’aveva trovata. La città di Palermo rende omaggio al suo grande lavoro.
E’ buon auspicio pensare, che chi occuperà il suo posto continui la grande opera del predecessore, a garanzia di uno dei più grandi capolavori della storia architettonica monumentale di Palermo.
E anche un invito va espresso alle autorità competenti a far si che questo gioiello sia al più presto inserito nel percorso Unesco patrimonio dell’umanità.