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“Intelligenza emotiva” è un saggio di Daniel Goleman, insegnante di psicologia ad Harvard e collaboratore scientifico al  New York Times. Il libro è composto da 354 pagine, escluse le note esplicative.

  Con un linguaggio sempre chiaro e nel contempo suffragato da esaurienti argomentazioni scientifiche, l’Autore sottolinea l’importanza di un altro tipo d’intelligenza, quella emotiva appunto, ignorata rispetto a quella tradizionale, che invece è finanche quantificabile tramite il classico, e per certi versi fascinoso, QI.  L’intelligenza emotiva si può definire come l’insieme di attitudini a riconoscere, definire, esprimere e gestire vantaggiosamente le proprie emozioni, e a riuscire così a creare le premesse per un’esistenza più cosciente, piacevole e, perché no, più felice. Di essa ad esempio fa parte l’empatia, la capacità di percepire e comprendere i sentimenti altrui. E’ l’empatia che permette lo sviluppo del sentimento umanitario che porta al rispetto, alla benevolenza altruistica e all’elaborazione della morale in definitiva.

  Soprattutto negli Stati Uniti, fra gli psicologi comincia lentamente a farsi strada un concetto nuovo, quello di “alfabetizzazione emozionale”, che a cominciare dalle istituzioni scolastiche sarebbe opportuno affiancare didatticamente a materie tradizionali come la matematica, la grammatica, la geografia ecc..  Adeguati corsi sperimentali in alcune scuole americane atti a migliorare la “competenza emozionale”, a cominciare dai bambini fin dalle primissime classi e oltre, hanno contribuito ad elevare il rendimento scolastico e a far diminuire tutta quella serie di problemi connessi o direttamente conseguenza “dell’ignoranza emotiva”, che sono: il disagio esistenziale, la sofferenza psicologica quali l’ansia e la depressione, la violenza, il crescente consumo di droghe e di alcool, e la criminalità dilagante nei giovani, di cui si abbassa  inquietantemente sempre più l’età delinquenziale.

   L’amigdala, sede della memoria emotiva, è una ghiandola a forma di mandorla situata sopra il tronco cerebrale. Essa fornisce gli impulsi per così dire, ancestrali e irrazionali, indispensabili, soprattutto ai nostri lontani progenitori, per reagire agli stimoli in tempi rapidissimi; ad esempio, con l’attacco o la fuga di fronte a un pericolo. Oggi quelle stesse reazioni risultano spesse volte inappropriate ed esagerate rispetto al nuovo contesto civile, e producono violenza, ansia, stress e disagi ormai disutili per l’individuo e la società. E’ auspicabile che sistema limbico e neocorteccia, o cuore e cervello, come tradizionalmente si immaginano le due componenti umane, collaborino fra loro per raggiungere l’armonia ideale per una pacifica convivenza civile.

   Insomma, il libro di Goleman sembra voler dire che essere intelligenti emotivamente significa essere più umani, maturi e abili nel creare quelle basi  su cui poggiare solidamente e serenamente, innanzitutto il rapporto con sé stessi, e poi qualsiasi altro rapporto:  quello tra genitori e figli, quello di coppia, quello che si stabilisce nelle amicizie, nel mondo del lavoro, in quello scolastico e in qualsiasi altro ambito. Un messaggio di speranza in una società che sembra correre per gran parte sulla strada “dell’ignoranza emotiva”.

 

Angelo Lo Verme