Sei su Telegram? Ti piacciono le nostre notizie? Segui il canale di SiciliaFan! Iscriviti, cliccando qui!
UNISCITI

ImmagineSono oltre 5 milioni gli italiani che soffrono di insufficienza renale cronica, di cui all’incirca 50 mila già in dialisi. Per i più è un pendolarismo quasi quotidiano – tre volte a settimana, per 4 ore e in orari prestabiliti – verso l’ospedale, con costi enormi di tempo e denaro, perché solo 240 fra i centri dialisi pubblici distribuiti sul territorio – dunque 2 su 3 – offrono la Dialisi Peritoneale, cioè la possibilità per il paziente di effettuare il trattamento a casa, a volte anche di notte, lasciandolo libero durante la giornata. Un servizio a macchia di leopardo che discrimina nell’opzione terapeutica e costringe a scegliere l’emodialisi presso la struttura ospedaliera (spesso lontanissima da casa), altrettanto efficace ma più limitante in termini di libertà gestionale e qualità di vita. Fra i pazienti, all’incirca 4.300 mila (9,5%), riescono a godere della dialisi peritoneale domiciliare nonostante i numerosi vantaggi della metodica. È infatti una terapia autogestibile, semplice da utilizzare anche dai care-giver o familiari in caso di persone anziane, è eseguibile in qualsiasi momento della giornata (di norma è attuata per il 55% con metodica manuale (3-4 scambi diurni) e per il 45% in maniera automatizzata, ossia notturna), non obbliga a spostamenti dal proprio ambiente, consentendo di mantenere impegni lavorativi, relazioni sociali, di poter andare in vacanza e di ridurre l’impatto economico sia per il sistema sanitario sia per il paziente. Aspetti, tutti, da non sottovalutare se si considera che il fabbisogno di una terapia dialitica aumenta di circa 10 mila nuovi casi ogni anno. Eppure nel nostro Paese manca la cultura verso questa opportunità terapeutica sia fra il 35% dei medici specialisti che non attuano la dialisi peritoneale, sia fra i medici di medicina generale e i giovani nefrologi che non conoscono questa procedura domiciliare, sia fra le istituzioni. Solo pochissime regioni – Piemonte, Sicilia, Campania e Puglia – stanno iniziando un’azione di sensibilizzazione e diffusione della metodica, ma c’è ancora molto da fare per soddisfare il bisogno di questi pazienti il cui tasso cresce annualmente del 2-3%, complice l’allungamento medio della vita e le patologie correlate che, spesso, tra le conseguenze hanno anche l’insufficienza renale cronica. Sono questi i temi affrontati nell’ambito del XVII Convegno nazionale del Gruppo di Studio di Dialisi Peritoneale in corso a Montecatini Terme.  ”Si stima che in Italia circa 40 mila pazienti di età compresa tra i 35 e i 79 anni – dichiara Roberto Corciulo, presidente del convegno, coordinatore del comitato scientifico del Gruppo di studio Dialisi Peritoneale, e nefrologo presso il dipartimento di Nefrologia, Dialisi e Trapianto dell’Azienda Ospedaliero-Consorziale Policlinico, Università di Bari – abbiano una insufficienza renale di V stadio (Uremia terminale), quella che precede immediatamente la fase dialitica, con una leggera prevalenza del sesso maschile rispetto a quello femminile. Si tratta di pazienti candidati alla dialisi, che stanno registrando un incremento costante del 2-3% con circa 10 mila nuovi casi all’anno, sempre più numerosi fra la popolazione anziana e con una età media di ingresso in dialisi di circa 71 anni”. Sono due le possibilità di dialisi: l’emodialisi che va eseguita in regime ospedaliero, 3 volte a settimana, per 4 ore in orari prestabiliti o la dialisi peritoneale che, anche per la semplicità della metodica, può essere attuata al proprio domicilio, in maniera autonoma e autogestita dal paziente con ricadute positive sulla qualità della vita. “La dialisi peritoneale domiciliare – continua il dr. Corciulo – offre notevoli vantaggi rispetto alla terapia ospedaliera poiché non obbliga il paziente a raggiungere il Centro, magari distante dalla propria abitazione, consente di eseguire il trattamento anche in orari al di fuori di quelli lavorativi e non altera i ritmi della vita sociale, professionale e del tempo libero. Tuttavia dei quasi 50 mila pazienti oggi in trattamento dialitico in Italia, solo 4.300 circa (9,5%) possono usufruire di una terapia domiciliare poiché un terzo dei centri di nefrologia sparsi sul territorio non offrono questo servizio, discriminando il paziente nella scelta terapeutica. Occorre dunque sensibilizzare medici, specializzandi, formazione universitaria, istituzioni e regioni alla migliore conoscenza non solo della problematica, ma anche dei benefici e delle eccellenze di cura disponibili per chi soffre di insufficienza renale cronica”.  ”La Malattia Renale Cronica – aggiunge Claudia Del Corso, presidente locale del convegno, responsabile Dialisi Peritoneale U.O. Nefrologia e Dialisi, Az. Usl3 di Pistoia – è un problema di salute pubblica che sta diventando sempre più rilevante visti i tassi di incremento costante del 2-3% registrati negli ultimi anni e pare destinati a raddoppiare nel prossimo decennio. Questo è dovuto in parte all’allungamento della vita media, ma soprattutto all’impatto di due importanti patologie quali il diabete e l’ipertensione arteriosa. Le persone colpite da queste malattie potrebbero sviluppare nel tempo un danno renale e progredire verso l’insufficienza renale cronica fino ad arrivare alla necessità di dover iniziare la dialisi. Tra le cause che fanno ammalare i reni, infatti, il diabete e l’ipertensione arteriosa sono le più frequenti, seguite poi dalle malattie propriamente renali conosciute come “nefriti” e dalle forme ereditarie; ma in oltre il 20% dei nefropatici la causa resta sconosciuta”. Per allontanare il rischio dell’insufficienza renale è bene non sottovalutare alcuni segni premonitori. “La Malattia renale è silenziosa, spesso si sviluppa senza sintomi e le persone colpite non ne sono consapevoli. Il primo sintomo da osservare – raccomanda la Dr.ssa Del Corso – è invece la comparsa di alterazioni delle caratteristiche delle nostre urine, talvolta con la presenza di tracce di sangue, anche se non sempre accompagnate da disturbi alla minzione. L’aumento dei valori della pressione arteriosa è un altro segnale importante e, talora, anche alcune modificazioni del nostro corpo come la comparsa di gonfiori a livello delle gambe e del volto associati all’aumento del peso. Questi segni possono sottintendere una anomalia della funzione renale; quindi il controllo della pressione arteriosa e l’esame delle urine sono i test preliminari fondamentali che possono rivelare la presenza di anomalie della funzione dei nostri reni. Questi esami devono essere valutati con il medico di famiglia che saprà selezionare i pazienti da inviare al nefrologo”. Anche lo stile di vita ha la sua importanza: “La prevenzione è fondamentale – conclude la dr.ssa Del Corso – ma occorre curare anche l’alimentazione con una dieta ben bilanciata e a moderato contenuto di sodio (sale), accompagnata da una costante attività motoria. Prevenire le malattie, adottando uno stile di vita più sano, aiuterà anche a ridurre la comparsa della Malattia renale”.

LE 4 REGOLE D’ORO PER SALVAGUARDARE I RENI – L’insufficienza renale cronica, in taluni casi, può essere correlata anche ad abitudini e stili di vita sbagliati e/o alla poca attenzione a sottoporsi agli esami di screening utili a monitorare lo stato di salute dei reni. Dagli esperti, ecco le quattro regole d’oro per allontanare il rischio di malattia renale: 1.Alimentazione: previlegiare una dieta bilanciata e varia 2.Sodio: Impostare diete a basso-moderato contenuto di sale, ricordando che il sodio, oltre che sulla tavola, è presente in forma nascosta anche in moltissimi alimenti di consumo quotidiano e di produzione industriale 3.Controlli di laboratorio: è consigliato sottoporsi con regolare periodicità ad esami di funzionalità renale e delle urine. In particolare richiedendo microproteinuria e creatina. 4.Controllo della pressione arteriosa: l’ipertensione è riconosciuta come uno fra i principali fattori che possono contribuire all’insufficienza renale cronica. È pertanto fondamentale misurare con regolarità la pressione. Qualora si rilevassero alterazioni delle urine o della funzionalità renale dagli esami di laboratorio, ma anche della pressione arteriosa è bene rivolgersi al medico di famiglia che saprà indicare il centro o lo specialista nefrologo cui affidarsi, quale tutore della salute dei reni nel tempo.

Caterina Lenti

MeteoWeb