Sei su Telegram? Ti piacciono le nostre notizie? Segui il canale di SiciliaFan! Iscriviti, cliccando qui!
UNISCITI

Un gruppo norvegese anti-migranti ha fatto un'incredibile gaffe che il web non gli ha perdonato. Una foto postata nel gruppo Facebook "Fedrelandet viktigst" ("Prima la patria", migliaia gli utenti) ritraeva dei sedili di un autobus. Diversi membri della comunità online li hanno scambiati per altrettante donne con il burqa, commentando col solito rosario di frasi cariche di odio. Il portale norvegese "The Local" scrive che il post era accompagnato dalla frase "cosa pensano le persone di questo?".
 

 


Lo scatto è stato postato sul gruppo facebook "Fedrelandet viktigst" dal giornalista Johan Slattavik, il quale ha spiegato al sito "Nettavisen" che il suo obiettivo era "vedere come le percezioni di un’immagine di una persona siano influenzate dalle reazioni degli altri". A guardare gli screenshot dei commenti alla foto, la "missione" è compiuta, tra epiteti come "tragico" e "terrificante". In molti si chiedono addirittura se sotto quegli abiti si possano nascondere armi o bombe: "Mandiamoli fuori da questo paese, stiamo vivendo tempi bui", scrive un utente.

Il post è diventato virale in Norvegia dopo che altri utenti hanno condiviso gli screenshot dei commenti allo scatto. Tra loro c’è Sindre Beyer, ex membro del partito laburista: pubblicando l’immagine con le conseguenti reazioni, l'uomo ha ottenuto più di 1.500 condivisioni. "Cosa succede quando la foto di alcuni sedili di un autobus vuoto è postata in un disgustoso gruppo Facebook e quasi tutti pensano di vedere un gruppo di burqa?", si chiede ironicamente Beyer.

Il capo del centro Antirazzista della Norvegia, Rune Berglund Steen, commenta: "Le persone vedono quello che vogliono vedere, e quello che vogliono vedere sono dei pericolosi musulmani". La Norvegia è diventata di recente l’ultimo paese ad affrontare il problema delle restrizioni sull’uso di burqa e niqab: lo scorso giugno è stata presentata una  proposta di legge che ne vieterebbe l’uso in scuole e università. Francia, Olanda, Belgio, Bulgaria e Germania hanno già approvato leggi restrittive in tal senso.