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01All’inizio del secolo scorso molti siciliani partirono con le loro valige di cartone alla volta delle Americhe, in cerca di una fortuna ed un benessere che non erano riusciti a trovare nella loro terra.
 Partivano generalmente gli uomini: i giovani o i capofamiglia.  
S’imbarcavano nel porto di Palermo sugli antichi transatlantici  tra cui erano famosi il Tirrenia ed il Saturnia  e dopo tempi che sembravano interminabili, arrivava in Sicilia un telegramma che comunicava che erano arrivati “sani e salvi”, e le famiglie si affrettavano a mostrarlo con gioia a vicini e parenti.
Qualche rara volta, però, dopo il fatidico telegramma di arrivo, gli emigranti, specie i più giovani, non si facevano più vivi con le famiglie d’origine e di loro non si sapeva più niente.
Generalmente, invece, quel telegramma era  seguito da  una fitta corrispondenza con “posta ordinaria” e “posta aerea”,  e spesso, con la posta ordinaria, si scambiavano tante foto  che esercitavano la funzione di tenere sempre in contatto  le famiglie anche a livello visivo.
In America, gli emigranti si sobbarcavano ad ogni genere di lavoro e, quando finalmente ne acquisivano il diritto,  cercavano di “richiamarsi (2)” moglie e figli.
A quei tempi le leggi per l’emigrazione in America dovevano  essere particolarmente complesse e severe se è vero che per ottenere il passaporto ed il sospirato “visto” passavano anni ed anni. 
Anni di andirivieni dal Consolato di Palermo, di speranze, di delusioni… 
Spesso la richiesta di espatrio non veniva accolta per tutta la famiglia  …o almeno, non contemporaneamente per tutti…e allora la situazione si faceva tragica perchè bisognava affrontare  non solo  il doloroso problema di lasciare il proprio mondo per catapultarsi verso l’ignoto, ma anche quello  terribile della separazione, della frantumazione delle famiglie. 
Di fronte a casa mia abitava una famiglia di midicani, il capofamiglia era stato in USA fino all’età pensionabile, aveva richiamato il figlio maggiore che si era sposato e aveva messo su casa stabilmente, credo a New  Orleans, poi il padre, cagionevole di salute, se n’ era tornato in paese  dove viveva con il resto della famiglia.
 Nel primo dopoguerra, vista la difficoltà di trovare un lavoro stabile in Sicilia, anche il secondogenito aveva deciso di emigrare con la famiglia e raggiungere il fratello.
 Dopo un lungo periodo d attesa, finalmente era riuscito ad avere il  tanto sospirato visto, ma solo per sè…Pazienza… 
Era partito ed aveva attivato un nuovo  richiamo per i familiari, dopo qualche anno ancora, era arrivato ilvisto, ma soltanto per il maggiore dei suoi figli, un ragazzino undicenne…
Si può  immaginare  la preoccupazione della famiglia che, fino ad allora, aveva tenuto il bambino nella bambagia, ed ora doveva lasciarlo partire tutto solo !… 
Per farla breve il permesso per la moglie e i due figli più piccoli era arrivato molto più tardi, a metà degli anni 50 !!!…
Forse anche per tutte queste difficoltà, molti dei nostri emigranti in USA,  continuavano a vivere da soli negli States  attendendo l’età pensionabile per rientrare definitivamente in Italia e ricongiungersi col resto della famiglia che, nel frattempo, viveva e prosperava grazie alle laute sovvenzioni inviate  dal capofamiglia.
Intanto lo status di  Midicano, andò acquisendo in Sicilia una certa importanza specie nei piccoli centri e  creò una nuova fascia sociale molto abbiente talvolta in  grado di competere con  quella dei nobili feudatari che dominavano il paese.
Nel dopoguerra i parenti di l’America furono di grande aiuto alle famiglie siciliane inviando in Italia un’enorme quantità di pacchi-dono, preziosi in quel momento  particolarmente difficile.
Intorno agli anni ’50, parecchi emigrati pensarono bene di fare sposare le loro belle figliole e i loro ragazzi con giovani del paese d’origine che, col matrimonio, avrebbero acquisito il diritto di trasferirsi anch’essi in USA  andando a rimpinguare ulteriormente il folto gruppo delle famiglie Italo-Americane. 
Da qui una lunga serie di trattative epistolari tra America e Italia , un notevole scambio di foto, un susseguirsi di visite di parenti che non si vedevano da almeno un cinquantennio e che arrivavano con l’intera famiglia, portandosi dietro  talvolta anche la macchinona,  e facendo regali strepitosi ai/alle  fidanzati/e: grossi brillanti, braccialetti enormi, pellicce di visone, servizi di piatti in argento…
Non potrò mai dimenticare l’impressione che mi fece  vedere una di queste “”fidanzatine da esporto” recarsi una domenica in Chiesa all’ urtima missa (3), al braccio dello zzitu (4)con al collo una specie di grosso animale peloso, grigio argento, con tanto di testa e coda penzoloni… “, Una volpe argentée  !!!” come si sussurrava intorno con ammirazione…
A questi approcci generalmente seguiva il matrimonio fastosissimo e poi la partenza per gli States del coniuge americano e dei suoi accompagnatori, che sarebbero stati raggiunti dopo pochi mesi dal coniuge italiano. 
Questa la  prassi più comune , ma ne esisteva ancora un’altra, abbastanza consolidata e meno costosa che era quella del matrimoniu pi procura (5): dopo le solite trattative epistolari, si celebrava in Italia un matrimonio in cui lo/a sposo/a americano /a veniva sostituito da altra persona appositamente delegata.
Con questo tipo di matrimonio gli sposi “compravano a scatola chiusa” e venivano a conoscersi personalmente solo al momento in cui si sarebbero incontrati all’arrivo della nave. 
Così poteva accadere, come è realmente accaduto ad una nostra conoscente, di sentirsi dire dal coniuge americano: “Be’, ti ho fatto arrivare fin qui come desideravi ma io ho la mia vita  e non ho alcuna intenzione di cambiarla, quindi da ora in poi arrangiati da sola.”…                                                                                                                                                  
Ma poteva anche avvenire , al contrario, di sentirsi dire dal coniuge italiano : “Tante grazie dell’aiuto che mi hai dato per arrivare fin qui, ma ora io vado per la mia strada e tu per la tua..amici come prima!”…
E quando al paesello arrivava notizia di queste disavventure c’era sempre qualcuno che commentava: “Mah… chi cosi!Menu mali c’a la Medica c’è lu divorziu!” (6)
 
 
NOTE: 1  Italo americano, nello slang degli emigranti siciliani –  2  Con questa espressione si indicava la pratica di ricongiungimento all’estero con la famiglia o con un familiare –  3  Ultima messa della Domenica, –  4 Fidanzato –  5  Matrimonio per procura –  6 “Mah…che robba…meno male che in America c’è il divorzio”.