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di Nando Cimino

La chiesa di San Girolamo, detta anche dei cappuccini, è uno dei più antichi edifici religiosi di Termini Imerese. La sua originaria costruzione, insieme all'annesso convento, vien fatta risalire alla metà del XVI° secolo e si trovava, allora, al centro di una vastissima estensione di terreno che arrivava fin nelle vicinanze della via Armando Diaz toccando, nella sua parte più bassa, anche la zona dov'è oggi la Piazza San Carlo. Dopo la soppressione delle corporazioni religiose, avvenuta nella seconda metà dell'ottocento, chiesa e convento che erano state fino ad allora un importante punto di riferimento per le attività religiose dell'intero territorio e non solo, incominciarono a perdere la loro importanza; il convento smise addirittura la sua originaria funzione e venne trasformato in ospedale con la denominazione di Santissima Trinità. Anche il vasto giardino di pertinenza fu via via smembrato e, su parte di esso, nei primi anni del novecento venne costruito un carcere mandamentale meglio conosciuto con il nome di Cavallacci. Due le principali feste che, da tempo immemorabile, hanno contraddistinto la chiesa di San Girolamo; chiesa che i termitani, ma particolarmente gli abitanti del quartiere anticamente popolato prevalentemente da contadini, chiamano ancora oggi “i scapuccini”. Parlo, come tanti di voi sapranno, della festa dell'Assunta ma, nello specifico, soprattutto di quella del Crocifisso; nei cui confronti il popolo termitano ha sempre dimostrato grande devozione. Sono diverse peraltro le immagini di Cristo in croce che, e con maggior vigore fin negli anni sessanta, sono state nella nostra città oggetto di venerazione. Mi piace ricordarne una, molto bella, che si trova nella chiesa di San Bartolomeo antica sede della confraternita dei Pescatori in via Salemi Oddo, un'altra quella cosiddetta “du crucifissu niuru” che fu donata nel XIV° sec. ai termitani dal Re D'Aragona ed anticamente conservata nella chiesa dell'Annunziata; e poi anche quella del Crucifisseddu di Pirreri rinvenuta, secondo una antica leggenda, laddove c'era una vecchia cava, oggi via Coppola. Molto bello anche il Crocifisso della chiesa di San Giuseppe, particolare per via delle sue braccia snodabili che, sistemato in una apposita urna, viene utilizzato annualmente dalla confraternita della Soledad per la processione del Venerdì Santo. L'immagine del Crocifisso ligneo della chiesa di San Girolamo risale invece al 1778 e fu scolpita da Michele Valenza (1708-1790) un frate cappuccino trapanese che, indossato il saio, assunse il nome di Benedetto; e che, magari meno conosciuto rispetto a frate Umile da Petralia, è comunque altrettanto degno di menzione per la bellezza e la espressività delle sue opere. La festa del Crocifisso di Termini Imerese che in questi ultimi anni sta riprendendo particolare vigore, era fin negli anni sessanta tra i più attesi ed importanti avvenimenti religiosi della città e si svolgeva con grande concorso di popolo. La confraternita girava di casa in casa per la raccolta, ancor prima che nella chiesa, addobbata con drappi e festoni rossi, avesse inizio l'ottavario che precedeva l'atteso giorno della festa di maggio. La sera della vigilia il vespro solenne si concludeva con lo sparo di fuareddi davanti al sagrato mentre l'indomani, giorno della ricorrenza, le messe iniziavano alle otto e si concludevano a mezzogiorno con una fragorosa maschiata. Nei pressi della chiesa stazionavano per l'occasione anche diverse bancarelle, in gran parte venditori di torrone e di calia e simenza e, per la gioia dei bambini, anche qualche giocattolaio. Nel pomeriggio l'attesa processione si snodava per le vie di Termini Alta con le tre immagini montate su tre diverse vare, ovvero il Cristo Crocifisso, l'Addolorata e San Giovanni; preceduti dalle confraternite e dal clero e seguiti dalla banda musicale e dai numerosi fedeli. I fercoli, a seconda della larghezza delle strade attraversate, procedevano a volte affiancati a volte in fila indiana; e molte delle vie percorse dalla processione erano addobbate con ai balconi coperte ricamate e lampade accese. Al calar della sera la luce fioca dei ceri con i canti e le invocazioni dei fedeli rendevano il tutto particolarmente suggestivo; ed al rientro, dopo un breve concertino della banda musicale, si poteva assistere anche ai giochi d'artificio con tante girandole colorate. L'indomani mattina era uso ritrovarsi di nuovo in chiesa dove, al termine di una breve cerimonia e prima che le tre statue fossero riposte nella loro cappella, si “spugghiava u Signuri”; ovvero si toglievano quei pochi elementi che avevano ornato le tre statue e si distribuivano ai fedeli i fiori benedetti che erano stati usati per l'addobbo delle tre vare. Durante tale operazione si intonavano ancora lodi, preghiere ed invocazioni e tra queste un anziano ricorda: “…e griramu a tutti l'uri..Viva Cristu Redenturi. E chiamamulu cchiù spissu…Viva lu Santissimu Crucifissu “. Oggi molte cose sono cambiate; da alcuni anni si è anche opportunamente provveduto a far costruire un unico fercolo su cui vengono sistemate le tre statue mentre, decisamente spettacolare, è da considerarsi il transito della vara in via Giacinto Lo Faso; la vecchia “strata macellu” dove, un gruppo ben affiatato di volontari, da alcuni anni organizza con successo una bella infiorata. Infiorata sopra la quale, a suggellarne la chiusura, passa proprio la processione con il fercolo sorretto a spalla dai portatori che, procedendo d'impeto ed insieme alla banda, al clero ed alla moltitudine di fedeli, intonano inni e lodi a Gesù Crocifisso