Paesi e città

Tindari, “nobilissima civitas” ricca di storia, cultura e natura

Affacciata sulla costa, Tindari guarda il mare dalla sua altezza di 268 metri, ammirando la Riserva Naturale Orientata dei laghetti di Marinello. Siamo in provincia di Messina, nel comune di Patti, in una località che vanta un’antichissima storia.

Storia di Tindari

La città, chiamata in greco antico Τύνδαρις (Týndaris) venne fondata da Dionisio I di Siracusa nel 396 a.C.. Era una colonia di mercenari siracusani che avevano partecipato alla guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi). Prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.

Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese. Nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.

Leggi anche

Sutera, il balcone della Sicilia con un’anima medievale

Con Siracusa passò in seguito nell’orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come nobilissima civitas. Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti

Sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nell’836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta. Vi rimase il Santuario dedicato alla Madonna Nera di Tindari, progressivamente ingrandito, che ospita una Maria con il Bambino scolpita in legno, considerata apportatrice di grazie e miracolosa.

Leggi anche

Il Parco Archeologico di Tindari si rifà il look: selezionate 5 proposte progettuali

Cosa vedere a Tindari

Il Santuario di Tindari, divenuto Basilica papale minore l’8 settembre 2018, si trova all’estremità orientale del promontorio, a strapiombo sul mare, in corrispondenza dell’antica acropoli, dove una piccola chiesa era stata costruita sui resti della città abbandonata. La devozione alla “Matri ‘u Tinnaru” è indubbiamente tra le più antiche devozioni mariane in Sicilia, diffusa e festeggiata praticamente in tutta l’isola.

I resti della città antica si trovano nella zona archeologica, in discreto stato di conservazione, per lo scarso interesse di un reimpiego dei blocchi di pietra arenaria di cui erano costituiti. Il teatro venne costruito in forme greche alla fine del IV secolo a.C. e in seguito rimaneggiato in epoca romana, con una nuova decorazione e l’adattamento a sede per i giochi dell’Anfiteatro.

La cosiddetta “Basilica“, in passato identificata anche con un ginnasio, è un propileo di accesso all’agorà, situato nel punto in cui vi entra il decumano massimo, la via principale della città. Si tratta di un edificio a due piani, datato al IV secolo costruito in opera quadrata di arenaria che presenta un ampio passaggio centrale con volta a botte ripartito da nove arcate.

Curiosità

Diversi sono i riferimenti letterari alla città. Nelle Verrine, Cicerone si sofferma a lungo su Tindari e sulle spoliazioni da essa subite durante la magistratura di Verre. Inoltre, Salvatore Quasimodo le dedicò la celebre poesia Vento a Tindari e dà il titolo ad un romanzo giallo di Andrea Camilleri della serie di Montalbano, La gita a Tindari, e all’episodio dello sceneggiato televisivo tratto dallo stesso, anch’esso intitolato La gita a Tindari.

Redazione