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Dopo oltre cinquant’anni dal celebre ritrovamento dei Bronzi di Riace, una nuova inchiesta della Procura di Siracusa getta una luce completamente inedita sull’origine e sul percorso delle due iconiche statue greche. L’indagine, ancora in corso, solleva interrogativi cruciali: e se i Bronzi non fossero stati semplicemente rinvenuti al largo della Calabria, come si è sempre creduto, ma trafugati dalla Sicilia e poi abbandonati a Riace per coprire il furto?

Una storia da riscrivere?

Il 16 agosto 1972, Stefano Mariottini – giovane sommozzatore – segnalò il ritrovamento delle due statue al largo di Riace Marina, in Calabria. La versione ufficiale racconta di un fortuito incontro con due capolavori dell’arte greca sommersi a circa 8 metri di profondità. Ma secondo i nuovi elementi emersi, questa narrazione potrebbe essere solo una copertura orchestrata ad arte per insabbiare un traffico illecito di beni archeologici.

Secondo il verbale iniziale di denuncia di Stefano Mariottini, sul fondale non c’erano solo due statue ma un intero gruppo, di cui una con uno scudo sul braccio sinistro. Tuttavia, durante il recupero ufficiale non fu trovato alcuno scudo. All’epoca, alcuni articoli di giornale riferivano che dei turisti avevano tentato di portare via le statue con un motoscafo, mentre un altro testimone disse di aver visto dei sub trascinare a riva uno scudo e una lancia spezzata.

In un servizio del Tg1, i fratelli Marco e Mimmo Bertoni sostengono che i Bronzi furono scoperti nel mare di Brucoli (Sicilia) nel 1971, un anno prima del ritrovamento ufficiale a Riace. Secondo loro, le statue furono individuate da sommozzatori italiani che lavoravano con Jacques Cousteau per un documentario, ma che agirono all’insaputa dell’esploratore. I sub avrebbero recuperato sette statue, tra cui si ipotizza ci fossero i Bronzi.

Mimmo Bertoni racconta di aver visto, da bambino, una grande barca carica di statue ricoperte da reti: tra le sagome riconobbe teste, elmi, scudi e lance. Le statue sarebbero poi state trasferite su un peschereccio e nascoste nei pressi di Riace, in attesa di essere vendute all’estero tramite un politico legato alla Sicilia e alla Calabria.

Altre testimonianze sostengono questa versione, sebbene la loro attendibilità sia difficile da verificare. Una persona intervistata anonimamente dal Tg1 ha riferito che a Brucoli furono ritrovate cinque statue e due leoni, alcuni dei quali sarebbero già stati venduti illegalmente, mentre altri erano destinati al mercato nero negli Stati Uniti.

La nuova pista investigativa

Come riportato da Il Post e da InItalia, l’indagine siracusana ha evidenziato una nuova pista investigativa: i Bronzi sarebbero stati rinvenuti inizialmente nelle acque siciliane e successivamente trasportati in Calabria, dove sarebbero stati abbandonati, in modo da simulare un casuale ritrovamento.

L’inchiesta, guidata dalla Procura di Siracusa e affidata al Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale dei Carabinieri, è partita da una testimonianza confidenziale risalente al 2022. Il contenuto di questa dichiarazione ha portato alla riapertura del caso. Il fascicolo investigativo è tuttora coperto da segreto istruttorio, ma i primi riscontri starebbero dando una forte consistenza all’ipotesi del depistaggio.

Nell’ambito delle indagini, sono stati riesaminati atti originali dell’epoca e intervistati soggetti che, all’epoca dei fatti, gravitavano nell’ambito del collezionismo archeologico clandestino.

La Sicilia, ricchissima di giacimenti archeologici, è da decenni oggetto di interesse da parte del mercato nero internazionale dell’arte. Non è un caso che molti reperti provenienti da aree archeologiche siciliane siano finiti illegalmente in collezioni private estere. I Bronzi, considerati da molti studiosi capolavori dello stile severo greco del V secolo a.C., sarebbero stati potenzialmente scoperti in acque territoriali siciliane e poi trasferiti nottetempo.

Questa ricostruzione si baserebbe su informazioni confidenziali, logistiche e nautiche, incrociate con testimonianze inedite e movimenti sospetti registrati negli anni Settanta.

Una verità riemersa dopo mezzo secolo

L’ipotesi che i Bronzi di Riace possano avere avuto origine siciliana, o che almeno siano stati sottratti illegalmente dalle acque sicule, apre un nuovo capitolo sulla gestione del patrimonio culturale. La questione, se confermata, avrebbe implicazioni non solo storiche ma anche giuridiche, riaccendendo il dibattito sulla restituzione e la tutela dei beni culturali trafugati.

“È una pista concreta – ha dichiarato un funzionario vicino all’inchiesta – e stiamo lavorando con la massima attenzione per verificarne tutti gli aspetti”.

Se si confermasse che i Bronzi furono realmente trovati vicino alle coste dell’isola e poi illecitamente spostati, la Regione Siciliana potrebbe rivendicare un legame culturale diretto con due delle statue più celebri al mondo. Ma, oltre ai risvolti simbolici, emergerebbe ancora una volta l’urgenza di proteggere l’immenso patrimonio sommerso dell’isola, spesso esposto a saccheggi e traffici illegali.

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