Domani, lunedì 9 giugno, alle 21:15, La7 propone una nuova puntata di 100 minuti, il programma di inchieste condotto da Corrado Formigli e Alberto Nerazzini. Al centro della serata, un’indagine firmata dal giornalista Marco Bova, intitolata Il segreto di Matteo Messina Denaro. Il reportage approfondisce le ombre che avvolgono la lunga latitanza del boss mafioso, arrestato il 16 gennaio 2023 dopo trent’anni di fuga, e solleva interrogativi su protezioni, complicità e zone grigie che hanno segnato la sua storia.
Un boss fantasma e i suoi misteri
Matteo Messina Denaro, ultimo grande latitante di Cosa Nostra, ha eluso la giustizia per decenni, muovendosi tra le maglie di una rete di protezioni che l’inchiesta di Bova cerca di ricostruire. Il reportage parte dalla cosiddetta mafia delle olive, un sistema criminale che ha permesso al boss di operare con sorprendente libertà nei mesi precedenti alla cattura. “Cosa non torna della lunga latitanza del boss fantasma?”, si chiede Bova, scavando nelle pieghe di un caso che intreccia criminalità organizzata, potere e istituzioni. L’inchiesta analizza i movimenti imprudenti di Messina Denaro, come i suoi spostamenti in Sicilia occidentale, e indaga su chi possa averlo protetto.
Le protezioni eccellenti e il ruolo di D’Alì
Un focus centrale dell’inchiesta riguarda l’ex senatore Antonio D’Alì, figura di spicco della politica trapanese, il cui nome emerge in relazione a presunte coperture offerte al boss. Bova ricostruisce il contesto delle indagini che hanno coinvolto D’Alì, accusato di rapporti con la mafia, e approfondisce gli ostacoli che hanno rallentato la caccia al latitante. “Alcuni uomini delle istituzioni hanno pagato un prezzo per il loro impegno”, sottolinea il giornalista, citando episodi in cui investigatori coraggiosi hanno subito pressioni e difficoltà nel loro lavoro. L’inchiesta non tralascia i dettagli di un episodio inedito, accaduto negli ultimi mesi della latitanza di Messina Denaro, che potrebbe gettare nuova luce sul caso.
Paralleli con la Trattativa Stato-Mafia
L’indagine di Bova esplora anche possibili ingerenze degli apparati di sicurezza, individuando analogie con la controversa Trattativa Stato-Mafia. Secondo il reportage, alcuni dialoghi tra Messina Denaro e settori deviati delle istituzioni potrebbero aver influito sulla sua capacità di sfuggire alla cattura per così tanto tempo. “Cosa è cambiato da quel momento?”, si domanda l’inchiesta, cercando di chiarire quali segreti rimangano ancora nascosti. Gli investigatori intervistati, tra cui Rino Germanà e Carlo Pulici, offrono testimonianze dirette sulla difficoltà di stanare un boss protetto da una rete tanto complessa.
Voci autorevoli per un’analisi approfondita
La puntata ospita interventi di figure di primo piano. Piero Grasso, ex magistrato ed ex Presidente del Senato, condivide la sua esperienza nella lotta alla mafia, mentre l’ex PM Antonio Ingroia fornisce dettagli sulle indagini che hanno segnato la caccia a Messina Denaro. “La mafia non si combatte solo con gli arresti, ma con la verità”, dichiara Grasso, sottolineando l’importanza di fare luce sulle complicità. In studio, Formigli e Nerazzini accolgono Attilio Bolzoni, giornalista di Domani ed esperto di criminalità mafiosa, e Giovanni Bianconi, saggista e cronista giudiziario del Corriere della Sera, per analizzare l’inchiesta e rispondere agli interrogativi che solleva.
Un racconto inedito e nuove prospettive
L’inchiesta di Bova si distingue per un episodio mai rivelato prima, legato agli ultimi mesi della latitanza del boss. Questo dettaglio, tenuto riservato fino ad ora, aggiunge un tassello al mosaico di un caso che continua a interrogare l’opinione pubblica. Il reportage ricostruisce anche le indagini che avrebbero potuto cambiare il corso della storia, ma che si sono scontrate con ostacoli burocratici e politici.