A Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, la tradizione dell’altare di San Giuseppe torna a illuminare la comunità. Organizzato dalla Pro Loco con il patrocinio del Comune, l’evento rende omaggio a una devozione radicata, coinvolgendo frazioni e cittadini in un progetto che intreccia arte, fede e memoria.
Quest’anno, l’altare si distingue per un tetto decorato con veli da sposa e tovaglie pregiate, simbolo di un patrimonio collettivo. Laboratori, riti e pranzi tradizionali completano una celebrazione che guarda al futuro senza dimenticare il passato.
Un omaggio ai maestri d’altare
Per il secondo anno consecutivo, Palazzo Accardi ospita l’altare di San Giuseppe, dedicato alla memoria di Baldassare Stallone e Girolama Giorgi, mastri d’altare che per oltre cinquant’anni hanno guidato la comunità nella sua realizzazione. Chiunque riceveva una grazia e desiderava allestire un altare in casa si rivolgeva a loro, custodi di un’arte tramandata con passione. Oggi, la Pro Loco mantiene viva questa eredità grazie agli allievi dei due maestri, Leonarda Gabriele, Vincenzo Luppino e Vita Messana, affiancati dalla figlia della coppia, Rosetta Stallone, e da un gruppo di donne volontarie. Il loro impegno garantisce che la tradizione non si perda, coinvolgendo nuove generazioni in un rito che unisce il paese.
Un tetto di veli e tovaglie
L’altare del 2025 si distingue per un elemento unico: il tetto, decorato con veli da sposa e tovaglie pregiate donate da oltre cinquanta donne di Campobello. “Più di 50 donne di Campobello hanno prestato i loro veli di matrimonio e le tovaglie dei corredi rendendo così l’altare patrimonio dell’intera comunità del paese”, ha dichiarato Max Firreri, presidente della Pro Loco Unpli. Questo gesto collettivo trasforma l’altare in un simbolo di unità, dove ogni velo racconta una storia personale intrecciata alla devozione per San Giuseppe. L’allestimento, curato nei minimi dettagli, riflette l’attenzione per l’estetica e il valore spirituale della tradizione.
Laboratori per i pani votivi
Accanto all’altare, la Pro Loco ha attivato un laboratorio dedicato alla preparazione dei pani votivi, elemento centrale della celebrazione. Queste forme di pane, modellate con cura e decorate, rappresentano offerte di ringraziamento e richieste di protezione. Il laboratorio coinvolge cittadini di ogni età, creando un momento di condivisione che rafforza il senso di comunità. L’iniziativa non si limita alla produzione, ma punta a trasmettere tecniche e significati alle nuove generazioni, assicurando la continuità di un’arte che affonda le radici nella cultura siciliana.
Visite e riti solenni
Durante la settimana, l’altare accoglie le scolaresche di Campobello, offrendo agli studenti l’opportunità di scoprire la storia e il valore della tradizione. Il momento clou arriva la Domenica delle Palme, 13 aprile, con una serie di riti che uniscono fede e folklore. Alle 11, davanti a Palazzo Accardi, don Nicola Patti benedirà le palme, dando il via alla processione. Tre bambini, scelti tra famiglie bisognose e chiamati “i Santi”, sfileranno lungo via Giuseppe Garibaldi fino alla chiesa madre, dove si terrà la messa. Al termine, i Santi torneranno a Palazzo Accardi per la tuppuliata, un rito simbolico che precede il pranzo tradizionale.
Il pranzo delle 101 pietanze
Il pranzo di San Giuseppe rappresenta il cuore conviviale della festa. Dopo la tuppuliata, i partecipanti si riuniscono per consumare le 101 pietanze, un banchetto che dura fino a sera e celebra l’abbondanza e la condivisione. Ogni piatto, preparato con cura dalla comunità, riflette la ricchezza della cucina siciliana e il valore dell’ospitalità. Questo momento non è solo un’occasione di festa, ma un atto di solidarietà, con particolare attenzione alle famiglie più fragili, come quelle dei bambini scelti per il ruolo dei Santi.
Un ponte tra passato e futuro
La celebrazione di San Giuseppe a Campobello di Mazara non si limita a un evento annuale, ma rappresenta un impegno costante per preservare un’eredità culturale. “L’obiettivo è quello di mantenere la tradizione viva senza perdere la memoria, con l’impegno di tramandarla alle nuove generazioni”, ha ribadito Max Firreri. La partecipazione attiva di giovani, donne e volontari dimostra che la devozione per San Giuseppe resta un collante per la comunità, capace di unire generazioni diverse in un progetto comune. L’altare, con i suoi veli e i suoi pani, diventa così un simbolo di continuità e speranza.