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PALERMO – "C'è un estraneo nella nostra tomba": fu la denuncia di due fratelli in visita ai defunti al cimitero dei Rotoli di Palermo. È stata l'ostinazione di due professionisti, un uomo e una donna, a fare riaprire il caso e a fare emergere, ancora una volta, la gestione caotica del camposanto. Il gip Fabrizio La Cascia ha imposto nuove indagini, dopo avere respinto la richiesta di archiviazione a cui si era opposto il legale dei due professionisti, l'avvocato Giuseppe Botta.  Lo scrive oggi "LiveSicilia". Scrive il giornale online:

Prima il rifiuto di accesso agli atti – in questo caso il registro delle sepolture – poi il via libera, infine la scoperta di un testamento olografo ritenuto falso. Il vecchio concessionario della sepoltura la assegnava a un signore deceduto a Milano, la cui salma, nel 2005, doveva essere trasferita a Palermo. In realtà non è mai arrivata ai Rotoli. Risulta, infatti, un passaggio a un ulteriore "beneficiario". E cioè la donna la cui foto ha destato i sospetti dei due professionisti e fatto scattare la denuncia. Che il testamento non sia autentico lo dimostrerebbe non solo la firma disconosciuta, ma anche l'italiano stentato con cui è stato scritto. Nulla a che vedere con la scolarizzazione di chi si è rivolto all'avvocato Botta per fare valere i propri diritti. Chiedono la ricognizione della sepoltura per capire cosa sia accaduto.

E così è arrivata l'opposizione alla richiesta di archiviazione che certifica il caos sepolture nel camposanto palermitano. La decisione del gip La Cascia segue quella analoga dei mesi scorsi firmata dal giudice Lorenzo Matassa che ha disposto la convocazione del sindaco Leoluca Orlando, in qualità di persona informata sui fatti. Il primo cittadino indicherà il funzionario che dovrà chiarire cosa sia accaduto al cimitero dove non c'è certezza sulla reale identità di una donna sepolta. “Te ccà, chista è tua madre”, così un operaio si rivolse a una parente della defunta, mostrandole un mucchietto di ossa preso a casaccio dalla tomba. La signora Rita non riconobbe i resti della madre. Aveva cercato invano in quel cumulo di bare e ossa ammassate senza ordine un segno distintivo della mamma morta un ventennio prima. Nel 2014 era stata convocata per riesumare la salma e trasferirne i resti nell'ossario. Di fronte al suo “no, non è mia madre”, sarebbe seguita la reazione scomposta dell'operaio, una denuncia e un'inchiesta.

Agli atti dell'indagine c'è la pesantissima nota dei carabinieri: “Si evidenzia la totale assenza di atti amministrativi in grado di chiarire la sequenza di sepolture e tumulazioni – scrivevano i militari – così da fare presupporre uno scellerato utilizzo della tomba negli anni '80-'90 caratterizzato dalla totale assenza di documenti se non quelli con i nomi dei defunti ivi posti almeno ufficialmente”.