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010101Galleria fotografica di M. M. Spina

La Chiesa di S. Maria dell'Ammiraglio o San Nicolò dei Greci, detta Martorana, si affaccia sulla Piazza Bellini di Palermo. La chiesa fa parte dell'Eparchia di Piana degli Albanesi e ufficia la liturgia secondo il rito bizantino.
Fra le più affascinanti chiese bizantine del Medioevo in Italia, è testimonianza della cultura religiosa e artistica ortodossa presente ancora oggi inItalia, ulteriormente apportata dagli esuli albanesi rifugiatisi in Sicilia sotto l'incalzare delle persecuzioni turche nei Balcani.
Quest'ultimo influsso ha lasciato notevoli tracce nella pittura delle icone, nel rito religioso, nella lingua, nei costumi tradizionali proprie di alcune colonie albanesi nella provincia di Palermo.
La comunità appartiene oggi alla Chiesa Cattolica, ma segue il rito e le tradizioni spirituali che la accomunano in gran parte alla Chiesa Orientale ortodossa.
La chiesa si contraddistingue per la molteplicità di stili che s'incontrano, in quanto, con il susseguirsi dei secoli, fu arricchita da vari altri gusti artistici, architettonici e culturali.
Oggi si presenta, infatti, come chiesa-monumento storico, frutto delle molteplici trasformazioni, sottoposta inoltre a tutela.
Come dimostrato da un diploma greco-arabo del 1143, da un'iscrizione greca all'esterno della facciata meridionale e dalla stessa raffigurazione musiva di dedicazione, la chiesa fu fondata nel 1143 per volere di Giorgio d'Antiochia, grande ammiraglio siriaco di fede ortodossa al servizio del re normanno Ruggero II dal 1108 al 1151.
Costruita da artisti orientali secondo il gusto bizantino, si trovava nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, motivo per il quale diventò nota successivamente come "Santa Maria dell'Ammiraglio" o della "Martorana" (in parallelo, Giorgio l'Antiocheno fece edificare anche il possente "Ponte Ammiraglio" sul fiume Oreto, noto anche per una battaglia dei garibaldini).
All'edificio sacro, che nel corso dei secoli è stato più volte distrutto e restaurato, si accede dal campanile: una costruzione a pianta quadrata del XIII secolo, aperta in basso da arcate arcuate a colonne angolari e con tre grandi ordini di grandi bifore.
La chiesa possiede una pianta a croce greca, prolungata con il nartece e l'atrio.
Un portale assiale (ancora esistente) da sull'atrio e il nartece, come nelle prime chiese cristiane.
Al di là del nartece, l'edificio era sistemato e decorato come una chiesa bizantina a 4 colonne, tranne gli archi a sesto acuto e ipennacchi della cupola che erano di gusto islamico.
Nel 1193 le case attorno vengono adibite a Convento basiliano per le donne e la chiesa verrà poi ad esso inglobata.
Attorno al 1394 avviene la fondazione del convento della Martorana (dal nome dei proprietari) che sarà ceduto ai Benedettini dalla corona d'Aragona e che darà poi il nome alla chiesa. Nel XVI secolo la chiesa ortodossa cade in un periodo di abbandono, passando al rito latino.
Negli anni 1683-1687, per adeguarla alle esigenze del nuovo rito, l'abside centrale viene distrutta e sostituita da una nuova abside rettangolare, progettata da Paolo Amato, e il prospetto meridionale viene abbattuto. Nel 1740 Nicolò Palma progetta un nuovo prospetto, secondo il gusto barocco dell'epoca.
Nel 1846 si realizza l'abbassamento del piano della piazza e viene realizzata la scalinata. Tra il 1870 e il 1873 Giuseppe Patricolo ne realizza il drastico restauro, nella volontà di riportare la chiesa nell'antica origine, staccando i marmi settecenteschi delle pareti laterali del presbiterio (di cui era prevista la distruzione) e accenna il muro di chiusura originale.
Della fine del XIX secolo la chiesa cade nuovamente in abbandono, quindi sotto l'amministrazione civile-comunale, sino al ritorno del rito greco nella prima metà del XX secolo, assumendo il titolo di San Nicolò dei Greci (per "greci" erano scambiate quelle popolazioni albanesi che, dal XV secolo in Italia e Sicilia, conservavano "rito greco"-bizantino, lingua, costumi, identità), l'unica chiesa di rito bizantino degli albanesi di Sicilia – a Palermo – distrutta nel secondo conflitto mondiale.
Oggi la chiesa di San Nicolò dei Greci non possiede un vero e proprio territorio parrocchiale, ma è il punto di riferimento per più di 15000 fedeli albanesi d'Italia di rito greco-bizantino residenti nella città di Palermo, oltre che per i nuovi fedeli di rito bizantino provenienti dall'est europeo e dai Balcani.
Entrati nel primo corpo della costruzione – rifacimento settecentesco con volte affrescate da Olivio Sozzi, Antonio Grano e Guglielmo Borremans – due decorazioni musive sul fronte del corpo originario raffigurano Ruggero II e Giorgio d'Antiochia; solo la testa e le mani di quest'ultimo sono originali dell'epoca. Superato l'ambiente suddetto, si giunge nella chiesa vera e propria.
Qui la parte superiore delle pareti e la cupola, al sommo della quale è l'immagine del Cristo Pantocratore, sono interamente rivestite di decorazioni musive di periodo bizantino, le più antiche di tutta la Sicilia e di grande importanza, in connessione con quelle riguardanti Dafne, nell'Attica.
Il grandioso ciclo di mosaici della chiesa è il più antico di Sicilia.
I mosaici della cupola rappresentano al centro il Cristo, poi scendendo si vedono i quattro arcangeli (tre originali più uno apocrifo) e i patriarchi, mentre nelle nicchie sono ospitati i quattro evangelisti e infine, nelle volte, i rimanenti apostoli.
L'abside, distrutta sul finire del Seicento, venne sostituita con l'attuale cappella barocca a tarsie marmoree.
Nel giugno 1537 Carlo V visitò Palermo; nel giardino della Chiesa vi erano alberi di aranci ma a luglio non vi sono i frutti. Le monache per far vedere un giardino bello e ben curato, fecero delle arance di pasta di mandorle e le colorarono dando al giardino un effetto più vistoso e bello.
Inventarono così i frutti di martorana. Il convento aveva preso nome dalla sua fondatrice, la nobildonna Eloisa Martorana.
Da qui l'espressione "frutta di Martorana".
(Fonte Wikipedia)