Dacia Maraini biografia e opere della scrittrice, poetessa e saggista che con la Sicilia ha sempre avuto un rapporto molto speciale. I romanzi, cosa leggere, quando è nata, le citazioni più famose.
Dacia Maraini
Dacia Paola Maraini, questo il suo nome completo, nasce a Fiesole il 13 novembre del 1936. La madre era la pittrice e gallerista Topazia Alliata, appartenente all’antica famiglia siciliana degli Alliata di Sala Paruta. Il padre era l’antropologo e scrittore Fosco Maraini.
Sin da giovane, la vita di Dacia Maraini è ricca di avvenimenti intensi. Fosco Maraini, desideroso di lasciare l’Italia fascista, chiede di essere trasferito in Giappone, dove vive con la famiglia tra il 1938 e il 1947. Fosco studia gli Hainu, una popolazione in via di estinzione dell’Hokkaido.
Dal ’43 al ’46 la famiglia Maraini è internata in un campo di concentramento con altri italiani, dopo essersi rifiutata di riconoscere ufficialmente il governo militare giapponese. Quel governo, nel 1943, fa un patto di alleanza con l’Italia e la Germania e chiede ai coniugi Maraini di firmare l’adesione alla repubblica di Salò.
Entrambi si rifiutano. L’esperienza delle privazioni e delle sofferenze di quegli anni è raccontata da Dacia Maraini nella collezione di poesie “Mangiami pure” del 1978. L’arrivo degli americani interrompe il periodo di dolore.
La scrittrice, dopo un’infanzia difficile, si trasferisce prima a Bagheria, in provincia di Palermo, poi a Roma. Prosegue gli studi e svolge diversi lavori. Insieme ad altri giovani, fonda la rivista letteraria “Tempo di Letteratura”, edita da Pironti a Napoli. Collabora con riviste come “Nuovi Argomenti” e “Il Mondo”.
Il primo romanzo, il teatro e la regia
L’esordio letterario avviene negli anni Sessanta, con il romanzo “La vacanza” (1962). Nel frattempo, Dacia Maraini si occupa anche di teatro. Fonda il Teatro del Porcospino con altri scrittori: qui si rappresentano le novità italiane, da Parise a Gadda, da Tornabuoni a Moravia.
Scrive, nella seconda metà degli anni Sessanta, molti testi teatrali. Tra questi: “Maria Stuarda”, “Dialogo di una prostituta con un suo cliente”, “Stravaganza”, “Veronica, meretrice e scrittora” e “Camille”. Sempre nel 1962, Alberto Moravia lascia la moglie Elsa Morante per lei.
Arriviamo così agli anni Settanta, in cui dirige come regista il film “L’amore coniugale“, tratto proprio da un romanzo di Moravia, con Tomas Milian. Nel 1973 fonda il Teatro della Maddalena, gestito da sole donne. Cinque anni dopo qui si mette in scena “Dialogo di una prostituta con un suo cliente”
Per Dacia Maraini, il teatro è un luogo attraverso cui informare il pubblico su tematiche sociali e politiche. In questi stessi anni l’attività prosastica è molto proficua. Dacia Maraini pubblica romanzi con cadenza abbastanza costante, proseguendo con questi ritmi anche negli anni Novanta.
In ordine cronologico, si ricordano in particolare: “L’età del malessere”, “Memorie di una ladra”, “Donna in guerra”, “Isolina”, “La lunga vita di Marianna Ucrìa” (da cui è stato tratto l’omonimo film di Roberto Faenza). Tra i titoli più noti degli anni ’90 c’è “Voci”. Molti dei romanzi che abbiamo citato hanno vinto premi.
Non mancano nel corso degli anni, inoltre, diverse esperienze nell’ambito della poesia. La prima raccolta di poesie di Dacia Maraini è “Crudeltà all’aria aperta”, datata 1966. Seguono: “Donne mie”, “Mangiami pure”, “Dimenticato di dimenticare”, “Viaggiando con passo di volpe” “Se amando troppo”.
Assidua collaboratrice di giornali e riviste, pubblica nel 1987 parte degli articoli nel volume “La bionda, la bruna e l’asino”. Nel 1980 scrive in collaborazione con Piera Degli Esposti “Storia di Piera” e, nel 1986, “Il bambino Alberto”. Ancora oggi è una scrittrice molto prolifica. Risiede a Roma, ma viaggia spesso, partecipando a conferenze e prime dei suoi spettacoli.
Cosa leggere di Dacia Maraini
I romanzi
- La vacanza, (1962)
- L’età del malessere, (1963)
- A memoria, (1967)
- Memorie di una ladra, (1972)
- Donna in guerra, (1975)
- Lettere a Marina, (1981)
- Il treno per Helsinki, (1984)
- Isolina, (1985)
- La lunga vita di Marianna Ucrìa, (1990) vincitore del Premio Campiello
- Bagheria, (1993)
- Voci, (1994)
- Dolce per sé, (1997)
- La nave per Kobe, (2001)
- Colomba, (2004)
- Il gioco dell’universo Dialoghi immaginari tra un padre e una figlia, (2007)
- Il treno dell’ultima notte, (2008)
- La ragazza di via Maqueda, (2009)
- La grande festa (2011)
- Menzogna felice (2011)
- L’amore rubato (2012)
- Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza (2013)
- La bambina e il sognatore (2015)
- Tre donne. Una storia d’amore e disamore (2017)
- Corpo felice. Storia di donne, rivoluzioni e un figlio che se ne va (2018)
- Trio. Storia di due amiche, un uomo e la peste di Messina (2020)
Citazioni
- Bagheria è sempre stata fucina di intellettuali di grande cultura e impegno civico, da Renato Guttuso a Giuseppe Tornatore.
- L’azzurro è il mio colore, quello che mi dà pace quando sono inquieta.
- Bagheria mi è sempre rimasta nel cuore, ricordo la sua struggente bellezza deturpata nel corso degli anni da una selvaggia speculazione edilizia, e ricordo anche gente coraggiosa ma in minoranza. Oggi qualcosa di profondo è avvenuto, un cambio di mentalità, una rivolta culturale, morale, prim’ancora che politica che ha fatto sì che una minoranza sia diventata maggioranza, che quell’atavico sentimento di omertà su cui la mafia ha fondato il suo impero, si sia incrinato, facendo sì che quei coraggiosi imprenditori non si sentissero isolati. Sì, sono davvero orgogliosa della “mia” Bagheria.
- La bellezza non è qualcosa per cui si gareggia: ciascuno ha qualcosa di bello da scoprire; l’attenzione è la chiave della scoperta.
- La mafia, come ricordava il giudice Giovanni Falcone, è un fenomeno umano e sociale e in quanto tale è destinato a finire. E la Sicilia appare molto più reattiva, rispetto ad esempio alla Calabria. Tra l’altro, si tratta di un fenomeno certamente radicato ma tutto sommato ‘recente’, visto che è nato nell’Ottocento, non è un retaggio che si perde nella notte dei tempi. Come è nata, la mafia può anche morire.
- Lei pensa davvero che le donne siano migliori dell’uomo? Io non lo credo. Sono state solo più bistrattate, umiliate, incarcerate in quella deriva mentale fatta di paura e sudditanza. Ma non hanno per questo prodotto nessuna vera differenza.
- Mi dispiace che Lampedusa sia ricordato soprattutto per la famosa frase secondo cui se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Abitavo in via Mariano Stabile e andavo spesso al bar Mazzara. Lo ricordo in un angolo, intento a scrivere. Era molto gentile, attento, non molto loquace. Ma la conversazione letteraria lo prendeva. Certo, la frase del Principe Salina è emblematica, ma non la amo. È una condanna. Penso invece che bisogna rimboccarsi le maniche, partire dalle piccole cose, fare il proprio dovere.
Foto: Idris.albadufi – Licenza.