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Prima della cacciata del 1492 la Sicilia era per gli ebrei “Achèr Israel“, ovvero “Altro Israele“. Già questa definizione indica il ruolo particolare e importante svolto dalle comunità ebraiche nel tessuto economico e sociale dell’isola.

La conferma viene da uno studio condotto da Andrea Giuseppe Cerra, ricercatore dell’Università di Catania, che ne ha ricavato un libro: “La città sepolta. Politica e istituzioni degli ebrei a Catania nel XV secolo” edito da Rubbettino.

L’editto di Granada venne applicato in Sicilia solo tre mesi dopo la promulgazione. E colpì soprattutto gli ebrei commercianti e professionisti, in primo luogo i medici giunti in Sicilia nella seconda metà del 1300. Quei medici provenivano soprattutto dal nord e dal centro Italia. La loro presenza si rivelò decisiva per sconfiggere le epidemie di peste. Eppure agli ebrei era vietato studiare medicina oppure di prestare cure in favore dei cristiani.

Tuttavia il divieto veniva sistematicamente violato proprio da coloro che lo avevano imposto: pontefici, alti prelati e nobili. Se agli uomini era difficile a quel tempo diventare medici figurarsi quali ostacoli dovevano affrontare le donne. Nessuna, infatti, ottenne l’abilitazione all’esercizio della professione medica. Il divieto venne scavalcato solo nel caso di Virdimura, di origine ebraica e moglie dell’ebreo Pasquale de Medico di Catania. Accompagnata da una “lodabile fama”, si sottopose alla prova di abilità davanti a una commissione e diventò una vera “dutturissa”. Fu la prima donna medico autorizzata a esercitare in Sicilia. Anche la storia di Virdimura offre l’immagine della comunità ebraica catanese operosa e integrata, seppure caratterizzata da forti tratti distintivi.

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