E’ tradizione mangiarle per la festa dei morti. Sono cucinate secondo il rito romano della Lemuria, in cui, a parte che mangiate, le fave nere, nel cui seme, secondo leggenda, si trovavano le lacrime dei trapassati, venivano lanciate a terra dal padre di famiglia per allontanare le anime dei defunti; De Gubernatis narra di questo rito funebre in Storia Popolare.
Si mangiano con le mani, con una leggera pressione del pollice e dell’indice e incidendo la buccia con i denti, da qui il nome “a coniglio” perchè appunto ricorda il modo di mangiare del coniglio.
Ingredienti:
1 kg. di fave fresche piuttosto durette (quando sono già a fine produzione) o fave secche con la buccia
1 testa di aglio
sale, olio, pepe, origano q.b.
Per le fave fresche:
Incidete con un coltello ben affilato la buccia interna e mettetele a bollire in acqua fredda salata con l’aglio intero.Quando sono cotte uscitele con una schiumarola lasciando un po’ di brodetto. Conditele con olio e origano e pepe.
Per le fave secche:
Tenete le fave in ammollo tutta una notte. Poi, bollitele a fuoco basso in acqua salata con la testa di aglio intera, per circa 2 ore, e fin quando non vedrete che l’acqua, con la cottura delle fave, si sia trasformata in una salsetta densa. A fine cottura, togliete la testa di aglio e condite con olio, pepe e abbondante origano.