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Gianluca Calì getta la spugna. Per anni vessato dalla mafia, e mai aiutato a dovere dallo stato, ha deciso di vendere "Calicar", la sua azienda di Altavilla Milicia, nel Palermitnao. Ormai vive in Lombardia con la famiglia, ma l'imprenditore voleva continuare a dare lavoro in Sicilia. "Non avevo mai smesso di credere in questa lotta, ma sono ormai scoraggiato. Sono stato lasciato da solo, lo stato non mi ha aiutato, la mia fiducia non è stata ricompensata", dichiara a "LiveSicilia".

Adesso c'è un grande striscione davanti alla concessionaria, che propone la vendita o l'affitto dell'immobile. "Non ho alternative. La gente non viene più ad acquistare le auto da me e a dicembre ho dovuto licenziare gli ultimi due dipendenti. In tutto ho dovuto mandare a casa ventiquattro impiegati, tutti padri di famiglia che non avrei mai voluto far rimanere senza lavoro", dice Calì.

L'imprenditore parla di perdite del 97%: "Dopo l'attentato incendiario del 2011 e la denuncia dei tentativi di estorsione ai miei danni il fatturato è crollato. Negli ultimi mesi si sono spente tutte le speranze. Mi sono sentito isolato, non ascoltato, delegittimato. Non è questo il messaggio che deve arrivare se si vuole davvero che le vittime di racket decidano di denunciare".

Gianluca Calì ha denunciato fino al 2015 di aver ricevuto minacce di morte. Dalle telefonate anonime alle irruzioni notturne nella sua abitazione, fino ai furti nella concessionaria: nello stesso anno una delle auto rubate è stata successivamente trovata incendiata nelle campagne della provincia. Per sentirsi più al sicuro ha inoltre acquistato un'auto blindata su Ebay, pagata di tasca propria.