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Giufà è un importante personaggio letterario della tradizione orale popolare della Sicilia. Personaggi analoghi si ritrovano anche in altre tradizioni regionali, con nomi leggermente diversi. Nella tradizione scritta, compare nell’opera di Giuseppe Pitrè, che ne raccolse e riprese le storie, diffuse in moltissime parti dell’isola, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

Questo personaggio, sciocco e pasticcione, esiste sin dal tempo degli Arabi. Il suo nome originale è Guha e lo troviamo in tanti Paesi dell’area mediterranea, con variazioni come Giochà, Gawha, Guucca, Zha e Jugale. Le sue azioni bizzarre si ritrovano, per opera di altri personaggi, in larga parte della novellistica tradizionale italiana.

Il personaggio di Giufà

Giufà dice cose ovvie, prende alla lettera le parole altrui, porta spesso le situazioni ad esiti imprevedibili. In realtà sa anche essere furbo e riesce a gabbare la presunta superiorità degli altri. Il personaggio ha una natura popolare: Giufà, infatti, ha sempre come antagonisti quelli che rappresentano il potere e le istituzioni, comunque persone di ceti sociali superiori. Non è difficile comprendere il motivo di questo antagonismo, vista la sua condizione sociale.

L’unica arma a disposizione di Giufà per prendersi gioco di tutti quelli che detengono il potere, è la beffa, il finale comico. Ma di quella beffa è egli stesso vittima. La sua comicità è elementare, pesante, spesso tragica. Ha il sapore di una rivalsa da parte di chi subisce prevaricazioni.

Questo è il motivo per cui Giufà viene spesso considerato, nella cultura siciliana, simbolo della lotta tra gli oppressori e gli oppressi, tra prepotenti e deboli. La sua storia è umile e senza fanfare, ma estremamente vera e umana.

Giufà è privo di malizia e furberia. È credulone, quindi facile preda di malandrini e truffatori di ogni genere. Nelle sua vita gli vengono sottratti molti beni: la trama delle sue storie trae origine da avvenimenti realmente accaduti nelle campagne del palermitano, quando ladri e imbroglioni ricorrevano a promesse allettanti per truffare i ragazzini.

Un esempio della tipica stoltezza del personaggio si ha nell’episodio “Giufà, tirati la porta” nel quale sua madre gli ricorda: “Quando esci, tirati dietro la porta” (nel senso di “accosta, chiudi, la porta”). Ma il giovane prende alla lettera l’invito e, anziché chiudere la porta, la scardina e se la porta con sé a messa.

Le origini di Giufà

Sebbene la sua comparsa nella tradizione scritta siciliana sia un po’ tarda, Giufà è l’antieroe, di una serie di storie popolari fiorite nel bacino del Mediterraneo e diffuse in particolare nel periodo della diaspora giudeo-spagnola e orientale.

Se le più antiche testimonianze risalgono, infatti, a racconti arabi anonimi del IX secolo (come dimostra lo stesso nome del ragazzino, che, nel dialetto palermitano, divenne l’abbreviativo di Giovanni), è nelle famiglie ebraiche di Turchia, Grecia, Bulgaria, regioni balcaniche dell’ex-Jugoslavia, Israele, Marocco, che le gesta eroicomiche di questa figura popolare si sono tramandate oralmente di generazione in generazione.

Ancora oggi nei paesi del Maghreb sopravvivono cicli narrativi che hanno come protagonista Djehà (pron. giuhà), che, con il siciliano Giufà, di sicuro condivide una medesima radice popolare.

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