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Il friscaletto siciliano (friscalettu) è uno zufolo di canna tipico della musica popolare della Sicilia. È considerato, insieme al marranzano, al tamburello e alla quartara, uno degli strumenti simbolo della musica folclorica Siciliana.

È chiamato in maniera simile in tutta la Sicilia, eccezion fatta per il paese di San Fratello, in provincia di Messina. Qui la parlata locale risente ancora delle radici gallo-italiche e il friscaletto prende il nome di vescot.

Un elemento fondamentale della sua struttura è il tappo (realizzato in legno di oleandro, ulivo o fico). Ha sette buchi nella parte anteriore e, pur essendo un flauto artigianale molto semplice, presenta due buchi posteriori (a differenza, ad esempio, dei flauti irlandesi).

Il friscaletto è uno strumento che non permette variazioni volumiche di piano e forte, poiché una maggiore intensità nell’emissione del fiato ne causa inevitabilmente la stonatura della melodia. Ciascun friscaletto ha quindi la propria personalità, il proprio timbro e le proprie sfumature.

Fa parte della famiglia degli aerofoni, essendo affine al flauto dolce. Esistono, come per gli altri flauti, friscaletti realizzati con diverse accordature. I più comuni sono accordati in do, in sol e in la.

La storia del friscaletto

Il friscaletto siciliano è bello da ascoltare, ma anche da vedere. Viene prodotto da abili artigiani ed è una riproduzione dell’aulos greco, uno strumento a fiato che veniva impiegato in occasione di cerimonie, nelle rappresentazioni o per scandire i ritmi di lavoro.

Le origini sono umili e bucoliche, tra le campagne: dava sollievo ai pastori, che così riempivano il tempo durante le ore solitarie alla guardia del gregge. A partire dal dopoguerra, tra gli anni Venti e gli anni Trenta, perse la valenza pastorale.

Entrò nella pratica strumentale tradizionale locale. Grazie alla sua qualità timbrica, superò i confini del folklore, raggiungendo la musica jazz e diventando strumento solista in diverse opere teatrali. Adesso è per lo più un richiestissimo souvenir.

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