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Alla scoperta della Grotta di San Teodoro.

  • A circa 2 chilometri dal centro abitato di Acquedolci (Messina), c’è una delle grotte siciliane più interessanti.
  • Deve il suo nome ai monaci Basiliani, che vi si rifugiarono per scappare dall’oriente iconoclasta.
  • Al suo interno, ancora prima, visse la donna più antica della Sicilia.

Sulla parte rocciosa del pizzo Castellaro, a 140 metri sul livello del mare, si apre una grotta abitata fin da tempi remoti. Siamo sulla propaggine settentrionale dell’imponente monte San Fratello, a circa 2 km a sud-est del centro abitato di Acquedolci, in provincia di Messina. La Grotta di San Teodoro deve il suo nome ai monaci Basiliani, che intorno all’anno mille vi si rifugiarono. Si è formata in seguito a un fenomeno carsico verificatosi all’incirca otto-dieci milioni di anni fa. Rappresenta un documento molto importante della storia della Sicilia, con testimonianze in termini di popolamenti di animali, ormai estinti, e di resti dell’uomo preistorico.

La storia della grotta

La prima segnalazione della Grotta di San Teodoro e dei depositi paleontologici e paleoetnologici ubicati al suo interno e sul talus ad essa antistante, si deve alla esplorazione del Barone Anca. Fu lui che, nel 1859, eseguì un primo saggio di scavo. Notò che all’interno vi erano depositi del Paleolitico superiore e nell’ampio saggio che fece all’ingresso della grotta trovò un sedimento che conteneva resti di animali. Erano resti di elefante nano, iena, cervo, cinghiale, orso, asino. Seguirono diverse indagini.

La grotta fu abitata dall’uomo entro uno spazio di tempo che si può estendere, tra i 12.000 e gli 8.000 anni a.C. Dal punto di vista culturale, si tratta dell’ultimo periodo del Paleolitico Superiore italiano comunemente chiamato Epigravettiano finale. La singolarità e l’importanza della grotta è data dal ritrovamento delle prime sepolture paleolitiche siciliane. I resti, cinque crani e due scheletri eccezionalmente completi, per primi hanno consentito una conoscenza approfondita degli antichi abitanti della Sicilia.

Il rituale delle sepolture consisteva nella deposizione del defunto in una fossa poco profonda in posizione supina oppure sul fianco sinistro, circondato da ossa animali, ciottoletti ed ornamenti composti da collane fatte con denti di cervo. Tutte le deposizioni furono ricoperte da un leggero strato di terra e al di sopra fu sparsa dell’ocra (colorante naturale) che formava un sottile livello. La testimonianza più importante è data dal ritrovamento dei resti fossili di una donna di circa 30 anni, alta 164 cm alla quale è stato attribuito il nome di Thea (dal latino Theodora): sarebbe lei la prima donna della Sicilia.

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