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Da Bontate a Provenzano, tutti i capi beffati da insospettabili che hanno deciso di tenersi case e negozi“, scrive il quotidiano “Repubblica” in un interessantissimo articolo, nel quale viene fatto notare che il più arrabbiato di tutti è Totò Riina. “Ho una farmacia che era intestata a uno, a sua volta questo l’ha intestata a sua madre… io sto rimanendo un poco male“, l’hanno intercettato in carcere. Un insospettabile prestanome ha truffato il capo dei capi in carcere dal 1993, si è impossessato di una sua proprietà, e non gli fa avere neanche le rendite mensili, come un tempo.

Anche Bernardo Provenzano, morto a luglio in carcere, sarebbe stato beffato da un misterioso prestanome, che dagli anni Ottanta tiene alcuni suoi appartamenti nella zona del mercato ortofrutticolo. C’è pure un altro caso. Raccontano che i parenti di Tano Badalamenti, il vecchio capomafia di Cinisi morto in un carcere americano, abbiano invece cercato di ritornare in possesso di una grande sala ricevimenti alle porte di Palermo. Ma si sono scontrati con un altro prestanome che ha perso la memoria e non riconosce più i potenti di un tempo caduti in disgrazia.

Quelli che hanno perso di più sono i parenti di Stefano Bontate, il principe di Villagrazia come lo chiamavano prima dello sterminio dei corleonesi di Riina. Nei racconti dei pentiti ci sono sacchi pieni di banconote che venivano portati in macchina a Milano negli anni Settanta. L’azione di recupero crediti messa in campo è stata massiccia, e non senza conseguenze. Nel 1989 il cognato di Bontate, Giacomo Vitale, numero 33 della loggia Camea, non tornò mai più da un appuntamento a Brancaccio, dove era corso appena uscito dal carcere, per chiedere conto del patrimonio scomparso del principe di Villagrazia. Il quartiere Brancaccio dei fratelli Graviano, i signori delle stragi, che a Milano erano di casa e lì furono arrestati nel 1994.

Riina, intanto, non riesce a darsi pace. Nella “cassaforte” della farmacia “ci ho messo i soldi, ci ho infilato qualche 250 milioni, poi lui si è fatto grande”. Il boss accenna al cognome “La Barbera”. “Questo qui poi è andato a finire in galera, e ha intestato la farmacia alla madre. Il capitale è sempre lì. Quando sarà, gli dirò: dammelo quello mio… Il passato è passato, gli dico… dammelo”. Deliri di un capomafia o arroganza di un padrino che si sente ancora forte? Riina aspetta con pazienza la scarcerazione del nipote prediletto, Giovanni Grizzaffi: a fine anno dovrebbe tornare in libertà dopo 30 anni di carcere per omicidio. E potrebbe tornare a Corleone. Sussurra Riina:Ho tante cose da sistemare, perché le mie cose sono tante“.