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 “INNERES AUGE E L’OCCHIO DELLA GIUSTIZIA” PIECE SUL SISTEMA CARCERARIO E GIUDIZIARIO ITALIANO 

La sera del 26 maggio scorso, al Teatro Coppola di Catania, l’Associazione culturale canicattinese “La Compagnia del Tempo Relativo” ha replicato per la terza volta la piece “Inneres auge e l’occhio della giustizia”, scritta da Lella Falzone, nella quale svolge anche il ruolo di regista e attrice, e da Angelo Lo Verme, pure scenografo. Il dramma è liberamente tratto dal romanzo “Leone bianco leone nero – La giustizia non è uguale per tutti” del nisseno Giuseppe Nicosia, nel quale egli racconta i 51 giorni trascorsi da detenuto nel carcere  Malaspina di Caltanissetta. 
  La trama del dramma si dipana in modo semplice e lineare. Giuseppe, il protagonista, viene arrestato per coltivazione di marijuana e rinchiuso nel carcere Malaspina di Caltanissetta. Le scene si alternano per rappresentare episodi dentro la cella, nel cortile durante l’ora d’aria e nella sala colloqui rispettivamente con lo psicologo, l’avvocato e l’educatrice. Giuseppe i familiari non li vuole incontrare, per un suo personale pudore, per risparmiargli l’obbrobrio del carcere, ma in compenso lo “vanno a trovare” in sogno. Cosicché la piece si arricchisce di elementi onirici che rappresentano i desideri e i sensi di colpa inconsci del protagonista. Interessanti ed elevati risultano i dialoghi, sempre onirici, di Giuseppe con la materializzazione umana della Giustizia.
  L’estensore del presente articolo, nella qualità di Presidente dell’Associazione Culturale predetta e a nome di tutta la Compagnia, desidera ringraziare per l’occasione datataci i ragazzi che gestiscono il Teatro Coppola, in particolare Giuliano, Tecnico Luci, che ci ha aiutato con molta disponibilità e professionalità anche ad allestire la scenografia. Desidero inoltre lodare questi ragazzi che vi si spendono per portare avanti le Stagioni Teatrali e Musicali tra molteplici ostacoli di varia natura: da quelli economici ai problemi con le istituzioni comunali derivanti dalla particolare natura della gestione, cioè l’occupazione del Teatro abbandonato dalle stesse istituzioni per parecchi decenni. Bisogna ricordare che il Teatro Coppola fu il primo Teatro Comunale di Catania ad essere inaugurato. Era il 1821 e conteneva 700 posti. L’08 luglio del 1943 fu distrutto da un bombardamento. Dopo una prima fallita ricostruzione, la parte più integra venne trasformata in laboratorio scenografico del Teatro Massimo Vincenzo Bellini. Dopodichè venne completamente abbandonato. Nel 2005 l’Amministrazione Comunale approvava un progetto di circa 225.000 € per trasformare la struttura in sala per l’orchestra; ma l’impresa aggiudicatrice fallisce poco dopo e l’opera rimane incompleta. Il 16 Dicembre del 2011 un gruppo di cittadini catanesi amanti della cultura occupa il Teatro, come già accaduto in altre città italiane, per autogestirlo. Significativamente viene ribattezzato “Teatro Coppola – Teatro dei Cittadini”. Questi si addossano l’onere di renderlo fruibile, lavorandovi con le proprie mani per una sommaria ristrutturazione, e pure quello della difficile gestione, tutto a spese loro e con donazioni di altri cittadini volontari.
  Infine desidero sottolineare, in qualità di Presidente della Compagnia, che la nostra piece “Inneres auge e l’occhio della giustizia” è una cruda rappresentazione della realtà carceraria italiana e anche un’accorata denuncia delle sue carenze, dove al suo interno, proprio a causa di queste carenze, non sempre lo scopo di recuperare il detenuto è garantito. Come pure vuole essere una denuncia dell’inefficienza del sistema giudiziario italiano e, a volte, della sua “ingiustizia”, dato che taluni episodi giudiziari sembrano far pensare che la legge non sempre sia uguale per tutti. Questo aspetto condividiamo del romanzo a cui ci siamo ispirati, e soltanto questo portiamo in scena. Ci opponiamo invece a qualsiasi tentativo di giustificare o propagandare l’uso della marijuana per sballo strumentalizzando il nostro lavoro. Resto dell’avviso che ognuno è libero di gestire la propria esistenza secondo i propri principi morali, culturali ed educativi, se nel fare ciò non lede o non limita la libertà degli altri. Giustificare però il proprio stile di vita per tentare di convincere gli altri che sia giusto, utile e opportuno, a mio avviso non è azione corretta. 
     Angelo Lo Verme