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È molto toccante la lettera (apparsa su "BlogSicilia") che una cittadina palermitana, Valentina Bullara, dedica alla sua Palermo che è costretta ad abbandonare

E non guardarmi così Palermo,
un po’ risentita e tacitantamente offesa, come tutte le volte che qualcuno Ti dice che va via. Perché lo so bene che sei la più bella, che la Tua luce abbaglia e che superba come la più raffinata delle donne e sfrontata come la più passionale delle amanti Tu sei un amore che toglie il respiro.

E vorrei accarezzarti lungo il profilo dei Tuoi Quattro Canti mentre volgi il Tuo sguardo dall’altra parte in segno di disappunto, vorrei abbracciarti, avvolgendoti dalla Cattedrale al Politeama, mentre Ti scosti un po’ più in là girandoti di spalle infastidita da un altro amante che diceva di amarti ma che, come il più superficiale dei bugiardi, Ti lascia per una città più al Nord.
E hai ragione, hai ragione Tu. Scusami.
Non sarei mai voluta andare via e anche se mi dici che le mie sono solo parole retoriche e che le mie lacrime sono solo di circostanza, è proprio così.
Non avrei voluto lasciarti, mai.
Perché nessun amore potrà essere mai più grande di quello per le Tue mille eclettiche espressioni. Tu colta nei tuoi teatri, Tu popolare tra i tuoi mercati, retrò nelle tue ville liberty e disinibita tra i vicoli stretti e ombrosi, Tu testimone di popoli e culture con le Tue chiese bizantine, con le Tue cupole e con i Tuoi giardini arabi e i tuoi angoli normanni. Tu, che travolgi con i Tuoi cambi improvvisi malgrado la Tua staticità. Tu, con la pelle fatta da mille donimazioni che oggi diventi anagramma dell’Europa e scrivi pagine nuove, piene di tradizione imprescindibile e con stile inimitabile, e racconti di un popolo tormentato e tenace, capace di accoglienza e di euphoria inimitabili.
Perdersi per le Tue strade impregnate di luce gialla su cui si affacciano balconi ornati di plumerie e che traboccano di libri come lungo il Cassaro, soffermarsi nelle le piazze e lungo i vicoli di un centro storico che trasuda prosa e sicilianità fino a scivolare tra le vele e le palme della Cala è come un naufragare dolce di antica memoria.
Tu, leggera come un sogno all’orizzonte e brillante come un’emozione in uno sguardo, entri nei pensieri e li fai Tuoi.
All’ombra di Monte Pellegrino e affacciata sul golfo azzurro di Mondello stai come una regina al suo balcone. Elegante signora tra i negozi di via Libertà Ti atteggi con fare altezzoso, lo stesso che usi quando ti muovi in modo un po’ volgare con le mani sui fianchi nel Tuo orgoglio popolare. Entri sotto la pelle, e sei passione viscerale come un coltello affilato e misericordioso.
Mamma che, troppo spesso, non sa tenerti attaccata al suo seno sei profumo che inebria la mente, sei un’amica che sorride e si ubriaca nelle sere d’estate. Musica con la Tua lingua “sciddicata”, esaltante nei Tuoi sapori unti e rumorosa come una danza africana Tu sei quel tutto che travolge, vita che esplode e ti rapisce. Capricciosa e saggia. Bella ovunque, di quella bellezza immensa e dirompente che sembra l’unica inevitabile possibilità.
Sai essere tutto e il contrario di tutto.
E adesso che i cannoli non sono più celebrazione di affari di scambio ma stampe che esaltano la moda agli occhi del mondo, e che sottane e scialli sono lezione di elegante e misteriosa sensualità e non censure ed espressione del lutto di mafia Tu, sei ancora una volta Capitale, questa volta di giovani e di cultura.
“Bannera di biddizza rara e lustrusa comu lu suli”, Ti muovi e commuovi, in un modo a cui non ci si abitua mai.
Sei diversa da tutte le altre, perché sai essere come ognuno Ti vuole, sei lo specchio delle anime diverse che ti abitano. Sei di tutti, pur rimanendo sempre fedele solo a te stessa.
E non guardarmi ancora così, perché lo so che adesso Ti sei emozionata anche Tu.
E allora, vieni con me?
Ti porterò dentro la tasca di ogni mattino, e sarai lì a sorridermi sorniona mentre con la mano, che non veda nessuno, ogni giorno ti stringerò.
Come dici? Che no, non mi saluti? Perché tanto sai che tornerò?
E va bene, fai come ti pare..ma allora sai che ti dico? Che anche io sono un po’ arrabbiata con Te e il perché Te lo dirò usando le parole di un paziente panciuto e testardo che agitando le mani mi ha chiesto “Picchì? Picchì sinni va, dottoressa? Non lu po fari qua quello che va a fari là?”
Vuoi rispondergli tu?
O adesso non parli più?
Quindi va bene, non salutiamoci, ma Tu fa qualcosa se dici che tornerò, perché hai ancora tanto da fare…cambia i perché in risposte, le domande in certezze, le promesse in soluzioni e non avrai bisogno di risentirti mai più.
Nel frattempo, in tutto quanto il
tempo di questo addio, io Ti amerò come si ama un amore senza tempo, perché a Te nessuno Ti lascia mai, Palermo.

Viva Tu e Viva Santa Rosalia!