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01Era solo qualche anno fa, tre o quattro, forse. Insegnavo in una classe di un liceo siciliano e avevamo fatto a scuola un gran lavoro nei giorni precedenti per sottrarre l’8 marzo al mercato della mimosa e della cena in pizzeria. Il 9 marzo, però, accadeva una cosa “orribile”: solo i maschietti si presentavano a scuola. Alla mia domanda su come mai quella “assenza di genere” l’indomani della “Giornata della donna”, uno studente, con aria di sufficienza e di sottile ironia verso la prof che tanto si impegnava sul fronte dei diritti delle donne e difendeva sempre le ragazzine, si alzava e depositava sulla cattedra un volantino che reclamizzava la festa ottomarzesca in una pizzeria con tanto di Mister Muscolo in tanga, depilato sul petto, che si esibiva in uno streptease per 10 euro, pizza compresa. Le mie studentesse erano state là fino a tardi per cui, l’indomani, non potevano venire a scuola!… Quando chiesi loro, l’indomani, se le loro madri glielo avessero permesso, mi risposero che, anzi, alcune di loro erano pure venute e si erano divertite un sacco! Le studentesse potevano essere le mie nipotine e le loro madri le mie figlie… Misuravo tutta la distanza tra i miei anni di rigorosissimo femminismo e i loro anni di imperante berlusconismo! Mi credereste se vi confessassi che quella fu una delle ragioni più importanti per il mio pensionamento anticipato?

Ora però una nuova consapevolezza pare cominciare a crescere anche tra le ragazzine, certo anche grazie all’immagine delle Olgettine e al lavoro fatto sul femminicidio e le sue cause. Ogni tanto noi vecchie femministe tiriamo un sospiro di sollievo, come davanti a certi esempi sul piano internazionale. 

Ozlem Tanrikulu, presidente di UIKI-Onlus, l’Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia,  denuncia la repressione e la violazione dei diritti a cui è sottoposto il popolo kurdo e promuove la pace e la solidarietà attraverso attività di sensibilizzazione e informazione.  Le guerrigliere kurde stanno prendendo parte alla lotta per l'autodeterminazione in tutti i settori della società: controinformazione e denuncia, cura e sostegno, lavoro per la pace. Con il loro impegno, mostrano la strada verso nuovi rapporti di genere basati sulla libertà e liberi dall'oppressione. All'interno del movimento kurdo, le donne hanno trovato uno spazio di libertà che ha permesso loro di conquistare rispetto e dignità e di affrancarsi dai ruoli subalterni tradizionali. Ritengono che serva una presa di coscienza di tutte le donne del mondo, a seconda del luogo, del contesto e delle possibilità reali del momento, e che ognuna, in ogni parte del mondo, debba risvegliarsi e lottare, senza aspettare nessun salvatore da fuori. L'otto marzo, giornata simbolica per tutte le donne, deve ricordarci che questo percorso, che non sarà lineare né uguale per tutte, va perseguito a livello globale. Il senso dell'otto marzo è dare a tutte le donne il coraggio di dire che questo percorso è possibile. Le donne curde invitano tutte le organizzazioni delle donne a dedicare la Giornata Internazionale delle Donne alla rivoluzione delle donne nel Rojava e alla resistenza delle Unità di Difesa delle Donne YPG.
Si sono incontrate con altre donne d'Europa e da altri luoghi del mondo per confrontarsi e hanno convenuto che è necessario per tutte mettere in crisi il concetto di Potere/Dominio maschile, sottostante allo Stato-Nazione, perché, se si resta ferme al concetto che un cambiamento avviene solo attraverso la presa del potere, si potrà al limite ottenere un cambio di regime, ma non si sarà cambiata la società, non si sarà fatta una vera rivoluzione. “Alle donne non serve una libertà esteriore nella quale imitano l'uomo e guadagnano il privilegio di farsi sfruttare al pari dell'uomo dalla modernità capitalistica. Questa è una falsa idea di libertà. Successivamente, quando le donne avranno imparato ad avere fiducia in se stesse, potranno portare il loro esempio di vita concreto come modello per le relazioni fra generi a qualsiasi livello della società: non è strano sentire, ad esempio, combattenti peshmerga che in Sud Kurdistan, nelle unità congiunte di difesa costituite per evitare nuovi massacri contro gli ezidi a Şengal, affermino che preferiscono farsi comandare da donne combattenti delle YPG o delle HPG perché più affidabili dei loro comandanti maschi”

 

(Intervista a cura di Marta Facchini per NOIDONNE).

 

Marinella Fiume