La vita ed il martirio di sant’Agata sono avvolti nella leggenda e diversi furono gli autorevoli “storici locali” (chi dalla parte dei palermitani e chi dalla parte dei catanesi) che raccontarono la loro versione. Si racconta quindi che, ad un certo punto, mentre sant’Agata veniva condotta, da Palermo a Catania, al cospetto del suo persecutore Quinziano, si fermò, poco dopo aver lasciato la città, perché doveva allacciarsi il legaccio di un sandalo. A quel punto i pretoriani che scortavano Agata allontanarono i cristiani che l’accompagnavano, rimandandoli indietro. La ragazza poggiò il piede su un sasso per allacciarsi il sandalo ed ecco il primo prodigio: sul quel sasso rimase l’impronta del calzare che gli si era poggiato sopra. Ma quando Agata si accorse che i suoi fratelli cristiani l’avevano abbandonata, pregò Dio che mandasse loro un segno di riprovazione; ed ecco il secondo prodigio: in quel punto preciso nacque subito un albero d’ulivo simbolo di fede, ma assolutamente sterile.
Il castigo toccava ai palermitani e quindi nella versione catanese dell’episodio l’albero d’ulivo non solo non è sterile ma i suoi frutti vennero raccolti dai cristiani catanesi e tramandati sotto forma di dolce tipico.