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01Sicuramente tutti conoscono le olive verdi, le olive nere, le condite, quelle al forno, le ascolane, le farcite ma forse pochi sapranno dirvi cosa sono le “olivette di sant’Agata”. Non si tratta propriamente dei frutti dell’albero d’ulivo, ma di dolci praline di pasta di mandorle con la forma ed il colore delle olive verdi. Le olivette sono i dolci tipici della festa di sant’Agata ed è facile trovarle, prima e dopo il 5 febbraio, esposte nelle vetrine delle pasticcerie di Catania di cui “la Santa” è celebrata patrona. Una disputa, che risale al ‘600, contrappone Palermo a Catania sulle vere origini della giovane cristiana di nome Agata e che la storia dei Santi vuole essere stata martire a Catania nel 251 dopo Cristo. Erano quelli tempi in cui, per una città, il vanto di aver dato i natali ad un Santo equivaleva a quello campanilistico di oggi di aver dato i natali, per esempio, ad un divo televisivo, ad una rock star, ad un campione del calcio: immaginate cosa accadrebbe se autorevoli giornalisti sportivi scrivessero sulle colonne del loro giornale che Francesco Totti è nato a Latina e non a Roma. 
La vita ed il martirio di sant’Agata sono avvolti nella leggenda e diversi furono gli autorevoli “storici locali” (chi dalla parte dei palermitani e chi dalla parte dei catanesi) che raccontarono la loro versione. Si racconta quindi che, ad un certo punto, mentre sant’Agata veniva condotta, da Palermo a Catania, al cospetto del suo persecutore Quinziano, si fermò, poco dopo aver lasciato la città, perché doveva allacciarsi il legaccio di un sandalo. A quel punto i pretoriani che scortavano Agata allontanarono i cristiani che l’accompagnavano, rimandandoli indietro. La ragazza poggiò il piede su un sasso per allacciarsi il sandalo ed ecco il primo prodigio: sul quel sasso rimase l’impronta del calzare che gli si era poggiato sopra. Ma quando Agata si accorse che i suoi fratelli cristiani l’avevano abbandonata, pregò Dio che mandasse loro un segno di riprovazione; ed ecco il secondo prodigio: in quel punto preciso nacque subito un albero d’ulivo simbolo di fede, ma assolutamente sterile. 
Il castigo toccava ai palermitani e quindi nella versione catanese dell’episodio l’albero d’ulivo non solo non è sterile ma i suoi frutti vennero raccolti dai cristiani catanesi e tramandati sotto forma di dolce tipico. 

 
di Corrado Rubino