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“Lo spirito creativo” è il titolo di un altro saggio di Daniel Goleman, (già autore del saggio “Intelligenza emotiva”), scritto insieme a Michael Ray, insegnante alla Stanford University e autore di tre saggi sulla creatività in economia, e Paul Kaufman, produttore televisivo. 

  Nello stile colloquiale della prima e della seconda persona plurale, il saggio, composto da 224 pagine, trascrive spesso brani d’interviste dal programma televisivo americano che porta lo stesso titolo. In un certo senso è una trasposizione al rovescio: dalla televisione al libro. Forse per questo si ha come l’impressione che non sempre i vari argomenti siano trattati in maniera esaustiva, come si richiederebbe nella forma scritta. Un maggiore approfondimento, credo, sarebbe stato più gradito. Pare che gli Autori abbiano perso di vista il fatto che si tratta di pagina scritta e non di montaggi televisivi, dove l’argomentare sintetico è imposto dal tempo limitato e dall’immediatezza dell’informazione caratteristica dello schermo. Un libro invece serve appunto per approfondire, senza limiti di estensione se non quelli della ridondanza.

   Ad ogni modo, al di là dello stile, il libro mette in evidenza l’importanza della creatività in ogni attività umana, e soprattutto che essa non è l’esclusività di pochi geni dell’arte, della letteratura, della musica, della scienza, dell’economia, ecc.. Gli autori la definiscono “l’alito stesso della vita” che è dentro ognuno di noi. Spesso non ce ne rendiamo conto, ma è sempre lo spirito creativo che ci fa trovare soluzioni innovative, e ovviamente funzionali, a problemi apparentemente insolubili: dai più banali ai più importanti. Purtroppo però non sempre riusciamo a dargli libera espressione. I killer della creatività, così li chiamano gli Autori, sono il pregiudizio e l’autocensura, che portano alla “sclerosi psicologica”, cioè a un atteggiamento mentale rigido. La creatività ha invece bisogno di essere stimolata, incoraggiata, coltivata fin dalla fanciullezza, in modo che diventi, o meglio, resti una “voce” del cuore spontanea e fidata, senza preventivamente etichettarla e soffocarla come bizzarra e ridicola.

  Albert Einstein, ad esempio, immaginava come apparirebbe un fotone a qualcuno che viaggiasse alla sua stessa velocità. Altri esempi dimostrano l’importanza dell’espressione creativa come intima e spontanea gioia; l’unica che fa entrare nello stato cosiddetto di “flusso” o “momento bianco” in cui il soggetto e l’azione si fondono. Il motto di un asilo nido innovativo di Reggio Emilia è “niente senza gioia”. In una fabbrica svedese non esistono gerarchie e ogni operaio firma ciò che produce come soluzione creativa a problemi o esigenze postigli direttamente dal committente. Insomma, la creatività nasce dall’affinità con qualcosa; è come innamorarsi, dicono gli Autori.

   In definitiva gli Autori sottolineano la necessità di riformare insegnamento e posto di lavoro, affinché si pongano come luoghi adatti per incoraggiare e non soffocare “quell’alito della vita”, quell’intima affinità con qualcosa, per migliorare la qualità della vita in generale e nel contempo, per aumentare la produttività e l’innovazione nei posti di lavoro.

   L’ultimo capitolo del libro è riservato ad alcuni brevi esercizi che favoriscono la creatività e  aumentano le possibilità per ogni individuo di urlare di fronte a un problema, come fece Archimede, l’arcinota esclamazione: “eureka!”, “ho trovato!”.

 

Angelo Lo Verme