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ImmagineDi Nando Cimio         

Martedì Grasso, ultimo giorno di carnevale prima di purificarsi con le Sacre Ceneri; infatti dopo le trasgressioni  ci attenderanno quaranta giorni di penitenza. Arriva la Quaresima. Carnevale si sa è periodo di scherzi, di balli, di divertimento, ma è soprattutto festa gastronomica con piatti a base di carne, pasta e dolci a farla da padrone. E’ martedì grasso, ultimo giorno di baldoria; dimentichiamo quindi il nostro colesterolo, la nostra pressione alta, i nostri problemi dietetici e, almeno per un giorno, vediamo cosa portare a tavola proponendo magari ai vostri ospiti antiche pietanze, tipiche della nostra tradizione. La preparazione del pranzo per il martedì grasso iniziava già il giorno prima; infatti il piatto principale era costituito dai “maccarruna cu sucu ‘ntà maidda”. Pasta che non veniva comprata ma fatta in casa dalle nonne che la impastavano sapientemente con le proprie mani in una grande vasca di legno, la stiravano, la tagliavano e ne avvolgevano le striscioline nei “busi” (piccole cannucce secche di ampelodesmo). Ultimata l’operazione la pasta veniva posta “a sciariari” ovvero ad asciugare lentamente per tutta la notte, esposta ad una arietta che leggera penetrava dalle persiane socchiuse. Il martedì di buon mattino si preparava il sugo; salsa di casa rafforzata con estratto di pomodoro  a sua volta “corroborata” da bocconcini di salsiccia e ulteriormente aggrassata con cutini di porcu; quest’ultima precedentemente bruciacchiata per toglierne la fastidiosa peluria, brutta da vedere e da mangiare. Sì, perché alla fine si mangiava anche quella! Il secondo infatti prevedeva solitamente un bel piatto di salsiccia al sugo impreziosito con la già citata cotenna di maiale e patate a taglio. Insomma un piatto leggero! Ma non finiva lì; infatti a far da contorno, si fa per dire, c’erano quasi sempre cacocciuli abbuttunati , frittata di ricotta e brocculi a pastetta, il tutto innaffiato con abbondante vino e accompagnato dal nostro profumato pane di grano duro siciliano tumminia che, in barba al galateo, veniva inzuppato nel sugo con le mani. Inutile dire che anche il pane non si comprava al supermercato ma veniva anch’esso fatto in casa. A questo punto era il momento della classica arancia “levasapuri” dopodiché ci si buttava a capofitto o meglio a bocca spalancata su una montagna di sfinci ca ricotta e soprattutto sui cannoli “extra large”  anche questi preparati in casa scorze comprese. Non era uso, soprattutto tra i ceti popolari, concludere con il classico caffè o con un buon  digestivo; ma c’era sempre a portata di mano una bottiglia di rosolio e l’immancabile  scacciu, ovvero calia, simenza, mennuli atturrati e nuci  che si mangiavano “ad libitum” e con  il fegato  già pronto allo sciopero. Si finiva, udite udite, con una cuschitedda di finocchio crudo. Serviva per pulire i denti e  rinfrescare l’alito. –  A questo punto non mi resta che augurarvi buon martedì grasso consigliandovi, insieme a questo menù, di tenere a portata di mano anche una bustina di antiacido. Buon Appetito!