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01Il “centro storico” di Palermo assume la configurazione che ancora oggi permane a partire dal 1600, con il grandioso taglio della Via Maqueda che interseca ortogonalmente l’asse del Cassaro. L’incrocio delle due strade , che ospita l’ottagono di Piazza Vigliena, detto anche “Teatro del Sole”, divide la città in quattro “mandamenti” – Palazzo Reale, Monte di Pietà, Castellammare, Tribunali – in ognuno dei quali esiste una “piazza di grascia”, cioè una piazza dove viveva un mercato adibito prevalentemente alla vendita di generi alimentari. 

02Le denominazioni dei quattro mercati – Ballarò,Vucciria, Fieravecchia e Capo – sono ben presenti nella vita cittadina e non solo nella memoria collettiva, perché, seppure in diversa misura sono ancora attivi. In essi l’attività è frenetica e continua: inizia al mattino con l’allestimento delle bancarelle che, opulente, debordano dalle botteghe fin quasi la mezzeria stradale e prosegue fino a sera inoltrata, quando si smontano. A qualunque ora si tengono accese in gran numero grosse lampadine, mentre ampie tende, stese da un lato all’altro delle vie, costituiscono un riparo efficace nei confronti sia del sole che della pioggia. Ognuno di questi mercati costituisce un insieme unico di forme, colori, odori, suoni, che prende e coinvolge, ieri come oggi, chiunque si immerga nei suoi tortuosi percorsi, tra impareggiabili scenari architettonici, mute testimonianze di un passato poi non tanto lontano, di un’identità architettonica e culturale, ancora di struggente straordinaria bellezza, che si sgretola tra indifferenze colpevoli e inammissibili manomissioni. 


03“… a Palermo un mercato è qualcosa di più di un mercato, cioè di un luogo dove si vendono vivande e dove si va per comprarne. E’ una visione, un sogno, un miraggio. Un “mangiar visuale” e con effetti di appagamento e delizia pari a quelli delle “bevute visuali” del Magalotti”. E potremmo anche lasciar cadere la parola mangiare, ché dei cinque sensi, a ben considerare, il meno impegnato finisce con l’essere il gusto, subordinato agli altri quattro, i quali , dalla sua inattività resi più alerti e sottili, a compenso gli trasmettono quei segnali tra loro complementari e concomitanti che diventano “un misto di gola,di ristoro, di meraviglia, di dolcezza, di liquefazione”, come appunto nelle bevute visuali del Magalotti”. 

04Con queste parole di Leonardo Sciascia, poste a commento della “Vucciria” di Remato Guttuso, ben comprendiamo il significato ed il “senso” dei mercati palermitani, oggi come ieri, mercati-laboratorio, teatri naturali – con strade-palcoscenico, caratterizzate da “vucciria”, non solo rumore di fondo, ma vera e propria musica di scena- festa di colori e di voci, vie del gusto con le”balate” della strade sempre bagnate dall’acqua, “che viene gettata per tenere fresca ed umida parte della mercanzia”, crocevia operosi e vitali di venditori, artigiani, bottegai, compratori, tutti tenacemente fedeli – caso unico in Italia – “ad un fenomeno storico di permanenza ubicazionale” dei mercati stessi. Varia umanità, dove si consuma e si svolge , tra luci ed ombre, la “palermitanità”, vista come vissuto significativo di un’operosa comunità. 

05Mercati che è bene valorizzare e rivitalizzare, atteso che vecchie attività e mestieri stanno per scomparire e buona parte del patrimonio edilizio cadente e fatiscente con un intervento di recupero organico, può essere in grado di restituire alla città antica, agli antichi mercati, la loro grande funzione sociale, umana, civile ed economica. E accanto al recupero, ormai inderogabile, del patrimonio edilizio ed artistico, che favorisca lo sviluppo del turismo, è fondamentale anche un recupero della capacità abitativa dei mercati e di tutto il centro storico ed il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie che, insieme ad una più oculata sistemazione dei servizi, agevoli anche un reinserimento di quei palermitani che preferirebbero vivere in quartiere certamente meno moderni, ma senz’altro più umani. Un recupero possibile che, con poco, blocchi la piovra dell’industria dei progetti e l’”epidemia dei crolli” all’interno del centro storico, nell’area dei mercanti e dintorni. E di conseguenza la “riconquista” – ancora più significativa e pregnante – della “memoria” e delle grandi tradizioni del popolo palermitano. 

Questo il senso dell’iniziativa che i Gruppi Ricerca Ecologica Palermo intendono perseguire e concretizzare. 

Testi di Umberto Balistreri e Carlo Pollaci. 

Foto di Carlo Pollaci.