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01Fanpage http://goo.gl/PnEgmx Museo Salinas

Il tragico mito della ninfa Scilla, vittima inconsapevole della gelosia della maga Circe, ha ispirato l’incisore del conio di un tetradrammo di Akragas, l’antica Agrigento, tra il 420 e il 413 a.C. circa. Mentre si bagnava nelle acque dello Stretto di Messina, la fanciulla aveva destato l’amore di Glauco, il figlio di Poseidon metà uomo e metà pesce, ed era fuggita via terrorizzata, incurante dei suoi richiami. Il dio aveva cercato l’aiuto di Circe sperando di ottenerne un filtro d’amore che gli consentisse di conquistarla, ma la maga, che aveva tentato di unirsi a lui e ne era stata respinta, si era atrocemente vendicata. La pozione da lei versata nel tratto di mare in cui Scilla usava farsi il bagno aveva trasformato l’ignara fanciulla nello spaventevole mostro che da allora avrebbe insidiato i naviganti che attraversavano lo Stretto: dalle sue anche erano spuntate, infatti, teste di cani feroci. L’autore del conio, probabilmente affascinato da tale storia, ha destinato alla figura di Scilla uno spazio forse superiore a quello riservato al tipo principale del rovescio, il granchio, che aveva contraddistinto la monetazione di Akragas fin dalle sue origini. 

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